Si parla sempre più spesso di stop ai motori benzina e diesel entro il 2035, un obiettivo che l’Unione Europea vorrebbe realmente raggiungere in tutti gli stati membri in poco più di 10 anni ancora. C’è chi si espone a favore, ma anche chi è ancora contro.
Non sono pochi i politici e gli attori del settore automobilistico che da tempo ormai stanno dichiarando i loro grossi dubbi sullo stop alla vendita e diffusione di auto con motori a combustione interna (anche la premier Giorgia Meloni si è espressa a riguardo). La transizione energetica è certamente necessaria per differenti ragioni, ma ad oggi i tempi non sono ancora maturi e i danni potrebbero essere più alti dei benefici. Ma vediamo di spiegarlo bene, passo passo.
Salvini contro le auto elettriche cinesi
Il leader della Lega e vice presidente del Consiglio Matteo Salvini da tempo ormai dichiara di essere contro lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Secondo il suo pensiero questa novità sarà solo “un enorme regalo alla Cina”, e come Europa non possiamo assolutamente permettercelo; abbiamo visto infatti quanti siano contro l’invasione delle auto elettriche cinesi nel Vecchio Continente e i danni che questa potrebbe arrecare all’UE.
Lo stesso Matteo Salvini ha pubblicato sul suo profilo social: “Non vorrei che, dopo il Qatargate, emerga a Bruxelles un Chinagate. Eliminare le macchine a combustione tradizionale entro 12 anni, distruggendo lavoro e industrie europee e italiane per regalarle alla Cina, è un suicidio economico e sociale”, e questo è il riassunto del suo pensiero.
Il pacchetto europeo sul clima – che come sappiamo prevede lo stop della vendita di vetture a combustione interna entro il 2035 – è continuamente sotto attacco. Secondo Salvini questo passo potrebbe addirittura favorire l'economia cinese. E non possiamo assolutamente permettercelo.
Il Ministro da tempo fa sentire la sua voce su questa tematica, sottolineando quanto sia impensabile fare una mossa che sicuramente porterebbe dei benefici in termini di salute e clima, ma purtroppo arrecherebbe un grande danno all’economia dell’UE e ai lavoratori, che potrebbero trovarsi senza il loro posto in poco tempo.
La neutralità climatica
È chiaro che la misura dell’Unione Europea ha un unico obiettivo: ridurre le emissioni inquinanti per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo e – in generale – dell’ambiente in cui viviamo. In questo modo l’Europa potrebbe raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Nel momento in cui le istituzione UE raggiunsero l’accordo però Salvini si espresse già in questo modo: “Fabbriche e negozi chiusi in Italia e in Europa, operai e artigiani senza lavoro e stipendio, e dipendenza a vita dalla Cina. La Lega farà di tutto per fermare questa follia”.
Il presidente della Commissione Ambiente al Parlamento Europeo, Pascal Canfin, aveva dichiarato: “Si tratta di una decisione storica”, e aveva annunciato la possibile creazione di un fondo di transizione per i dipendenti del settore. La tematica più delicata in assoluto infatti è proprio quella legata alle conseguenze sul mercato occupazionale.
In ogni caso, ed è bene ricordarlo, la transizione energetica prevede comunque dei passaggi intermedi. Innanzitutto si parte con il taglio – da parte dei produttori, del 55% delle emissioni delle nuove auto immatricolate, entro il 2030. Nel 2026 verranno comunque riesaminate tutte le decisioni (clausola di revisione, il 2035 è troppo vicino), per comprendere quali saranno gli effetti della misura.