F1, GP Arabia Saudita: Bearman esordio in Ferrari col botto

Anche se a vincere è sempre Max Verstappen, sulla Ferrari brilla Oliver Bearman. Al debutto l'inglese ottiene i suoi primi punti in F1 e ipoteca un sedile per il futuro

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Eleonora Ottonello

Esperta di Formula 1

Nata a Genova nel 1987, scrivo per passione. Nel quotidiano mi divido tra la vita di addetta alla vendita e quella di educatore cinofilo. Grande appassionata di Formula 1, nel 2007 iniziai a collaborare con svariati siti del settore. Inviata anche sul campo, niente mi fa esplodere il sorriso come vedere le monoposto sfrecciare sull'asfalto

Cambiano i Gran Premi, ma il nome del vincitore è sempre lo stesso. Dopo essere salito sul gradino più alto del podio appena una settimana in Bahrain, Max Verstappen ha trionfato anche nel GP di Arabia Saudita. Nonostante alle sue spalle si sia confermato il compagno di box, Sergio Perez, a prendersi tutte le luci della ribalta è stato il giovanissimo Oliver Bearman.

Il pilota britannico, stella della Ferrari Driver Academy, è stato chiamato in fretta e furia dal Cavallino Rampante per salire a bordo della SF-24 e prendere il sedile di Carlos Sainz, ricoverato d’urgenza in ospedale per un attacco di appendicite. Il 18enne, attualmente impegnato in Formula 2, dopo aver ottenuto la pole con la Prema Racing, ha preso parte alla qualifica di F1 dimostrando una grande capacità di adattabilità al mezzo nonostante una sola ore di prove libere disputata sulla Ferrari #55 dello spagnolo. Ma bando alle ciance e passiamo ai fatti: i top e flop del GP Arabia Saudita di F1.

TOP

Oliver Bearman

Che dire. Forse meriterebbe anche la lode. Il pilota britannico, chiamato per mettersi al volante della SF-24 a pochissime ore dall’inizio delle qualifiche, stupisce fin dalla giornata del venerdì. Ha rischiato di farsi assorbire dal frullatore Ferrari e dal farsi sminuzzare in mille pezzi. E invece il 18enne tiene botta. Tra l’altro, dopo aver conquistato la pole position in Formula 2 con la Prema Racing proprio a Jeddah, si era candidato a un weekend da protagonista nella sua serie di appartenenza. Ma il destino aveva in serbo qualcosa di più importante per lui.

Al suo debutto sulla Rossa, in occasione della sessione di qualifica, sfiora la top ten e chiude in 11esima posizione. In gara, invece, si ferma al settimo posto e si prende, nel GP di debutto, i primi punti iridati della sua (futura) carriera in F1.
Che il ragazzo avesse stoffa e talento era indubbio, anche guardando i suoi trascorsi nelle formule propedeutiche. Ma nessuno, sinceramente, si sarebbe aspettato che riuscisse a prendere le misure alla SF-24 nel giro di appena un turno di prove libere. Per tutta la durata dei cinquanta giri del GP Arabia Saudita, ci siamo perfino dimenticati che Oliver Bearman sia appena un diciottenne.

Mostra di avere il ritmo giusto, supera i colleghi, guida in maniera impeccabile sempre con grande freddezza e lucidità. Riesce a essere incisivo e non sbaglia (a differenza di altri piloti che in F1 non ci sono arrivati ieri…). Sembra che corra da sempre su una Ferrari da F1, non sembra essere nemmeno stata una prima volta. La sua prestazione a Jeddah è praticamente un piccolo capolavoro.
Chi segue i giovani delle formule minori aveva messo nel mirino Oliver Bearman, uno dei talenti più cristallini della sua generazione. Un giorno, il “piccolo Ollie” arriverà alla F1 in pianta stabile. Ma dopo quando visto a Jeddah, ci scommetto, accelererà il corso degli eventi.

Carlos Sainz

Qualcuno penserà: ma perché Sainz è nelle pagelle che non ha nemmeno corso il Gran Premio? Facile: Carlos è un uomo squadra. Lo ha dimostrato questo fine settimana e, spero per la Ferrari, non lo rimpianga in futuro. Il pilota spagnolo non ha potuto prendere parte al GP di Arabia Saudita. Dalla corsia della pista alla corsia di ospedale il passo è stato breve. Dopo i malesseri dei giorni scorsi, Sainz è stato operato d’urgenza per un attacco di appendicite.

Praticamente ventiquattr’ore dopo l’intervento, lo spagnolo ha deciso di raggiungere la squadra nel paddock. Nonostante il passo lento e gli uomini della Rossa a fargli da scudo, Sainz si è presentato ai box per sostenere la squadra, per far sentire loro il suo sostegno. Questo dovrebbe portare i tifosi della Rossa a farsi delle domande.
I piloti sono dei cannibali. I piloti che non hanno fame di vittorie, che non hanno cattiveria agonistica, non vanno da nessuna parte. Io mi ricordo ancora ora, la marea di insulti e accuse rivolte a Carlos Sainz ogni qual volta lo spagnolo abbia provato (e magari sia riuscito) a mettere le ruote della propria Ferrari davanti a quelle di Leclerc.

Non so se gli anni di Alonso a Maranello hanno segnato nello specifico i tifosi del Cavallino Rampante e ora sono un po’ vittime di questa “sindrome anti-spagnola”. O se semplicemente Sainz è visto con poca simpatia proprio per il rapporto di amicizia che lo lega al connazionale. Ecco. Quello che è successo a Jeddah, dove Carlos, evidentemente (e ancora) dolorante ha deciso di raggiungere i suoi… dovrebbe portare certi “tifosotti della domenica” a fare un bel mea culpa.

Red Bull

Nel primo back-to-back della stagione, la Red Bull, su due gare, si porta a casa la seconda doppietta del campionato. Nonostante i rumors che avrebbero potuto destabilizzare l’ambiente, Max Verstappen non si fa distrarre dalle questioni extra-pista e vince anche il GP Arabia Saudita. Il podio che ha ottenuto a Jeddah è importante. Si tratta del centesimo della sua già titolatissima carriera ad appena ventisei anni. Il livello di superiorità mostrata dal pilota olandese, su tutti gli altri, è implacabile. Niente lo scalfisce. Impassibile e determinato come al solito, la RB20 nelle sue mani (solo nelle sue) sembra essere un robot imbattibile di alta tecnologia.

Eppure, se l’olandese stravince e non intende lasciare agli avversari nemmeno le briciole, a differenza dello scorso anno dove Perez sembrava essere un cane abbandonato in autostrada, il messicano si è apparentemente ritrovato e fa il suo. Anche se per certi versi è protagonista di una gara anonima (a giustificare le mie parole le pochissime inquadrature regalate a Checo), il messicano si porta a casa un altro podio, il secondo su due gare e sempre alle spalle del suo capo squadra. Come Red Bull comanda.

FLOP

Daniel Ricciardo

Sembrano essere passati millenni da quel Daniel Ricciardo ritrovato, capace di fornire prestazioni convincenti con l’AlphaTauri e che, dopo il settimo posto ottenuto in Messico, sembrava voler ambire a un sedile più importante per il 2025. E invece, se andiamo avanti così, sarà ancora un lusso per l’australiano essere confermato al volante della VCARB 01 per la prossima stagione.

Dopo la sessione di test invernali che si è tenuta in Bahrain, sembrava che la Visa Cash App RB (la ex AlphaTauri, la Racing Bulls ’24… chiamatela un po’ come volete) per la somiglianza con la RB19 dovesse letteralmente far vedere i sorci verdi agli avversari. In realtà è una vettura problematica, poco veloce che non è all’altezza delle ambizioni dei propri piloti. Eppure, nonostante Ricciardo sembri essere sempre di più solamente la brutta copia del pilota che è stato in passato, seppur con fatica, il buon Tsunoda ci mette del suo e, come un vero samurai, lotta ai margini della zona punti.

Lance Stroll

È l’unico pilota con un contratto a tempo indeterminato (grazie ai soldoni cacciati da papà) e, non voglio sembrare cattiva, ma anche l’unico e uno dei pochissimi che non merita un sedile di F1.
Non è più un novellino e certi errori non si possono più perdonare. Mentre Alonso, quasi 43 anni all’anagrafe, battaglia coi primi e chiude in zona punti, Stroll non vede ancora la luce in fondo al tunnel. E non ha scusanti di adattamento alla vettura.

Lance non ha bisogno di prendere confidenza con la vettura, non è un debuttante. È alla sua ottava stagione nella massima serie automobilistica e continua a fare errori da debuttante. Ormai le volte che ha contato la sua Aston Martin non si contano più e, se andiamo a riprendere un attimo l’ordine di arrivo della gara di Jeddha e guardiamo quanti piloti sono riusciti nella difficile impresa di finire contro a un muro, solamente un nome troveremo. Quello di Lance Stroll. La sua gara non sarà durata nemmeno dieci giri eppure al canadese dobbiamo fare un applauso: senza le sue bricconate iniziali, questo Gran Premio sarebbe stato davvero soporifero.

Kevin Magnussen

Chi è stato indeciso se inserire Magnussen tra i Top o Flop di questo GP, alzi la mano. Io ci ho pensato parecchio. Si becca due penalità di dieci secondi ciascuna. La prima, a causa del contatto con Alex Albon; l’altra per essere uscito di pista e aver guadagnato un vantaggio in termini di decimi.
Lotta col coltello tra i denti e quasi come se fosse un protagonista di Mario Kart, si mette alle spalle di Hulkenberg, forma un trenino e, ogni volta qualcuno avesse tentato di superarlo, il buon Kevin riusciva a tenersi dietro i pirati della strada.
Ma, se vogliamo guardare il lato positivo di questo GP non possiamo sottolineare l’importanza di Magnussen nella conquista, da parte di Hulkenberg, dei primi punti della Haas di questa stagione. Una gara a due facce che è stata più utile al suo team che a sé stesso.