La BMW M5 impressiona già prima di guidarla. Ma più che per il design (in linea con la nouvelle vague stilistica bavarese), colpisce per le dimensioni abbondanti (analoghe a quelle di una limousine come la precedente BMW Serie 7): ben 510 cm di lunghezza, che si lasciano percepire tutti nella vista laterale.
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La “forza” sia con noi
Anche per questo (e per la massa di ben 2435 kg…) non nascondo di avere provato un certo timore reverenziale nel salire a bordo della M5 a me riservata, che ho trovato schierata, assieme a un manipolo di vetture gemelle, davanti ai box dell’autodromo di Monza.
Un senso di rispetto che si è accentuato quando, dopo essere partito in modalità elettrica (nella quale si percorrono da 60 a 70 km), superati i 140 orari si è attivato il poderoso 4.4 V8, del quale ho profondamente percepito la “forza”…
Dotato di doppio turbocompressore Twin Scroll, iniettori ad alta pressione e sistema di fasatura variabile delle valvole, eroga 430 kW (corrispondenti a 585 CV) e con l’aiuto di un motore elettrico sincrono (che fornisce 197 CV), raggiunge la potenza combinata di 727 CV, mentre la coppia tocca il formidabile valore di 1000 Nm tondi!
Un tandem bene accordato
A dispetto di tali notevolissimi valori, l’erogazione mostra un vigore e – allo stesso tempo – una fluidità (da motore elettrico…) che lascia senza parole. Una spinta inesauribile alla quale pone fine (in prossimità dei 7200 giri/’) solo l’intervento del limitatore elettronico, quando si usa il cambio in manuale.
La vigorosa spinta fornita dal tandem ibrido, nella maggior parte delle situazioni mitiga gli effetti della massa abbondante (quasi analoga a quella di una grande berlina elettrica), rendendo la guida più duttile e leggera nei percorsi tortuosi, dove le variazioni di traiettoria lasciano a bocca aperta tanto sono immediate.
A essere sincero, comunque, non mi aspettavo tanta reattività nelle correzioni e nell’inserimento nei curvoni veloci: il merito sta tutto nella rara sintonia che governa lo sterzo (solido e preciso) e le ruote posteriori sterzanti. Peccato soltanto che nei repentini cambi di traiettoria nei percorsi stretti l’equilibrio peggiori e l’inerzia della notevole massa si faccia sentire, come si è ben evidenziato nel violento “destra-sinistra” della Prima Variante.
A Monza bisogna “attaccarsi spesso ai freni”…
La straordinaria progressione del motore porta in tempi brevissimi a velocità incredibilmente elevate: alla Prima Variante di Monza viaggiavo a quasi 260 orari e, “attaccandomi ai freni”, ho riscontrato che per decelerare come si deve è necessario un lungo, forte e persistente carico sul pedale. A onor del vero la “mia” M5 non era equipaggiata coi dischi carboceramici: un accessorio tecnico (costoso) che consiglio caldamente a chi è solito frequentare i circuiti veloci.
Concludo con un accenno al comfort di marcia. L’accurato isolamento acustico dell’abitacolo e il buon lavoro svolto dalle sospensioni (specie nelle modalità di guida meno sportive), rendono la M5 docile e, se non si esagera col gas, persino mansueta. Lasciando trottare il V8 in souplesse a 1500-2000 giri/’ si ha la sensazione di trovarsi alla guida di una berlina di lusso, grande, comoda, dalla dotazione ricchissima e rifinita di tutto punto.