Il blackout in Spagna forse è colpa delle rinnovabili, i guasti e gli impianti fantasma: cosa è successo
Tra le ipotesi sulle cause del blackout in Spagna una è legata all'energia rinnovabile, il gestore ha individuato due possibili guasti al fotovoltaico
Il blackout in Spagna ha causato cinque vittime, ma resta ancora incerto da cosa sia stato causato. L’operatore della rete elettrica esclude il cyberattacco, il tribunale nazionale spagnolo ha avviato un’indagine preliminare per il reato di sabotaggio, intanto il gestore ha individuato due possibili guasti nella rete di produzione da fotovoltaico. Sembra che l’ipotesi più plausibile sia proprio che la fonte di generazione sia venuta meno sia proprio il solare.
Le rinnovabili hanno causato il blackout?
Lunedì 28 aprile un primo guasto a un impianto di fotovoltaico è stato segnalato da Red Eléctrica alle 12:33 nella regione di Estremadura, sud-ovest della Spagna. La grande struttura si è scollegata dalla rete elettrica nazionale.
Un secondo e mezzo più tardi si è scollegato un altro impianto e subito dopo il sistema è crollato. In cinque secondi la rete ha perso 15 gigawatt di potenza, il 60% del totale in uso in quel momento, lasciando 60 milioni di persone al buio fra Spagna, Portogallo, parte di Francia, Marocco e Groenlandia.
Fonte foto: ANSA
Centrali elettriche in Spagna
Si parla di uno sbalzo di tensione. In quel momento la produzione da fonti rinnovabili era al 78%: 60% fotovoltaico e 12% eolico. Il nucleare era all’11%.
Come funzionano le rinnovabili
Due mesi fa gli esperti avevano già parlato dei rischi connessi all’aumento della produzione solare unita alla chiusura di impianti nucleari e a gas.
Il 17 aprile Entso-e, il consorzio dei gestori di rete di tutta Europa, aveva lanciato un avvertimento: “Gli operatori stanno prendendo provvedimenti per assicurare la stabilità del sistema produttivo elettrico. La sfida principale potrebbe essere il surplus di energia disponibile, in particolare quella solare”.
Per ragioni d’immagazzinamento, l’energia rinnovabile solitamente viene consumata prima della non rinnovabile. È quindi possibile che l’improvviso blocco degli impianti di fotovoltaico abbiano lasciato la Spagna priva di una fonte di riserva capace di intervenire all’istante.
Il premier Pedro Sanchez continua a sostenere che il blackout non sia stato “causato da un eccesso di energia solare“, ma l’ipotesi resta.
Cosa dicono gli esperti
A febbraio Redeia, nuovo nome di Réd Electrica, la società che gestisce la rete spagnola, aveva lanciato l’allarme affermando che, a causa della fragilità del sistema, si rischiavano “disconnessioni gravi”.
Il 28 aprile ci sono stati due episodi quasi simultanei, il primo è stato superato con successo, per il secondo si è parlato di una “forte oscillazione dei flussi di potenza” sulla rete elettrica, “accompagnata da una perdita di produzione molto significativa”, un fenomeno definito “assolutamente straordinario”.
Quando è avvenuto il blackout, il 70% dell’energia elettrica era assicurato dal solare; il resto, in parte, dalle centrali nucleari.
Álvaro De La Puente Gil, professore di Ingegneria all’Università di Léon, ha evidenziato come la capacità di connessione attuale di Spagna e Portogallo sia al di sotto del minimo raccomandato dall’Unione europea. “Questo rende più difficile l’importazione o l’esportazione di energia nei momenti di crisi”, ha detto.
“La rete di distribuzione attuale è stata disegnata con un modello centralizzato – ha aggiunto – basato su pochi impianti di grandi dimensioni. Ora deve gestire un sistema molto più decentralizzato e variabile in base al meteo. Anche i meccanismi di protezione, disegnati per disconnettere alcune parti del sistema quando si rischia un danno, hanno bisogno di essere perfettamente coordinati, se si vogliono evitare reazioni a catena non volute. Per stabilizzare il sistema in un momento di crisi servirebbero sistemi di accumulo tradizionali, come le batterie. La transizione energetica richiede nuove infrastrutture, che però sono molto costose”.
Al Corriere della Sera, Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente nelle università Bocconi e Bicocca di Milano, ha spiegato che “il sistema autorizzativo spagnolo particolarmente favorevole ha portato ad avere un gran numero di impianti fotovoltaici distribuiti”.
Poi ci sarebbero gli impianti fantasma, ovvero i “piccoli impianti che non sono nei radar dell’operatore, che quindi non sa se l’energia prodotta sarà consumata a livello locale o se sarà ceduta alla rete e non può agire in caso di necessità di distacco perché c’è scarsità di domanda. L’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili rende i sistemi più complessi e più vulnerabili sia a eventi endogeni che esogeni. La loro integrazione nel sistema elettrico richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità”.
Per la stabilità della rete, secondo l’esperta, è cruciale avere anche una produzione programmabile, che possa aumentare o diminuire rapidamente la potenza in uscita per mantenere la frequenza entro certi limiti, come gli impianti a gas, l’idroelettrico e il nucleare. “Il fatto che questi ultimi rappresentassero una piccola parte del mix – ha detto Dorigoni – ha contribuito a causare l’estensione del blackout e a ritardare la rimessa in funzione della rete”. La causa su cosa abbia causato il blackout non è certa, si continua a indagare, intanto ha fatto emergere un tema riguardante la gestione dell’energia rinnovabile.
