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CURIOSITÀ 26 LUGLIO 2025

Anomalia magnetica terrestre: la NASA spiega cos’è la SAA

Stefania Cicirello

Stefania Cicirello

Editor e videomaker

Content writer, video editor e fotografa, ho conseguito un master in Digital & Social Media Marketing. Negli anni ho sviluppato competenze nella creazione di contenuti digitali, integrando creatività e abilità tecniche in diversi progetti online e adattando i contenuti alle diverse piattaforme.

C’è una zona sopra l’Oceano Atlantico che da anni fa drizzare le antenne alla NASA. Si chiama South Atlantic Anomaly (SAA) ed è una regione dove il campo magnetico è molto più debole rispetto al resto del pianeta. Un’anomalia. Questo “buco” invisibile si estende tra il Sud America e l’Africa sud-occidentale. La SAA non rappresenta un pericolo diretto per la vita sulla Terra ma ha effetti rilevanti sugli strumenti tecnologici in orbita, come satelliti e sonde spaziali che devono attraversarla regolarmente.

La NASA monitora un misterioso “punto debole” nel campo magnetico terrestre

Il campo magnetico terrestre funziona come uno scudo, proteggendoci dalle particelle cariche provenienti dal Sole. Quando questa protezione si indebolisce (come nel caso della SAA) i dispositivi elettronici a bordo dei satelliti diventano vulnerabili ai danni provocati da queste particelle.

Durante il passaggio attraverso la SAA, la NASA ha registrato guasti improvvisi, cortocircuiti e malfunzionamenti nei sistemi a bordo di satelliti e della Stazione Spaziale Internazionale (ecco quando è visibile dall’Italia). In alcuni casi, per precauzione, le agenzie spaziali spengono temporaneamente alcuni strumenti durante l’attraversamento di quest’area “ammaccata”. Non è fantascienza: è una routine necessaria per salvaguardare missioni costose e complesse.

Le radici della SAA sono nel cuore della Terra

Ma cosa provoca questo indebolimento del campo magnetico proprio in quella zona? Le cause vanno cercate molto in profondità, a migliaia di chilometri sotto i nostri piedi. Secondo gli scienziati della NASA, infatti, il responsabile è un enorme oceano di ferro fuso che si muove nel nucleo esterno della Terra. Questo moto genera il campo magnetico globale, ma non è omogeneo ovunque. In particolare, sotto il continente africano si trova una gigantesca massa rocciosa chiamata African Large Low Shear Velocity Provinces, che disturba il comportamento del campo magnetico in superficie. Il risultato? Una zona di bassa intensità magnetica che, combinata con l’inclinazione dell’asse terrestre, crea l’anomalia sopra l’Atlantico.

La SAA si muove: potrebbe dividersi

Quello che rende la SAA ancora più interessante (e un po’ inquietante) è il fatto che non è una struttura statica. Studi recenti dimostrano che si sta lentamente spostando verso ovest e che, addirittura, potrebbe dividersi in due zone distinte. La scoperta è emersa dall’analisi di dati satellitari e da missioni spaziali dedicate al monitoraggio del campo magnetico. Se davvero l’anomalia si stesse biforcando, significherebbe che il fenomeno è più dinamico e complesso del previsto, e che potrebbe modificare ulteriormente le condizioni dello spazio vicino alla Terra nei prossimi decenni.

È un segnale che il campo magnetico si sta invertendo?

Una delle domande più frequenti tra chi segue questi temi è se la South Atlantic Anomaly possa essere l’inizio di un’inversione dei poli magnetici. La risposta, per ora, è no, non necessariamente. Gli studiosi hanno trovato tracce di fenomeni simili anche milioni di anni fa, suggerendo che la SAA potrebbe essere parte di un ciclo naturale del campo magnetico, senza implicare un imminente ribaltamento. Ma la SAA resta un’incognita da studiare.

Perché la SAA interessa anche noi

I satelliti per le telecomunicazioni, il GPS, i dati climatici, le missioni scientifiche e persino gli astronauti, dipendono da un ambiente spaziale stabile e prevedibile. Un’anomalia come questa può compromettere le infrastrutture spaziali su cui facciamo sempre più affidamento. Ecco perché la NASA (che ha recentemente condiviso immagini senza precedenti dell’attività solare) continua a monitorarla con strumenti sempre più precisi: per comprendere meglio il comportamento interno del nostro pianeta, ma anche per proteggere la tecnologia che oggi è parte integrante della nostra quotidianità.

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