Milena Quaglini è l’unico caso italiano di una donna vittima d’abusi diventata carnefice degli aguzzini.
Nata nel 1957, in provincia di Pavia, per tutti era una donna solare; nessuno immaginava fosse cresciuta fra i calci e gli insulti del padre violento. Nonostante l’infanzia difficile, Milena era riuscita a diplomarsi e a trovare impiego come contabile.
Sul posto di lavoro, aveva conosciuto Enrico, che di lì a poco sarebbe diventato suo marito e che l’avrebbe resa mamma di Dario. L’uomo, diabetico, morì, lasciandola sola. Per non tornare dal padre, Milena si diede da fare con un secondo lavoro. Divenne caporeparto del centro commerciale di Pavia, dove incontrò Mario.
I due si innamorarono e diedero alla luce una bambina. Una volta nata, Mario cominciò a mostrare insofferenza verso Dario e divenne violento. Milena se ne andò di casa e, per mantenersi, accettò la proposta di Giusto Dalla Pozza, 80 anni, di fargli da badante. Dalla Pozza cercò di violentarla e Milena, nel tentativo di svincolarsi, lo colpì con una lampada, uccidendolo. Fu lei stessa ad avvertire la polizia, dicendo d’aver trovato il corpo dell’uomo, vittima di una rapina.
Il caso venne archiviato e Milena, senza soldi, tornò dal marito. Ricominciarono i maltrattamenti, sino a quando Milena, stanca, mentre Mario dormiva, lo strangolò col cordino di una tapparella. Chiamò la polizia, confessando d’aver commesso il crimine.
Fu condannata a 14 anni, pena convertita in detenzione domiciliare per infermità mentale. Milena, allora, bussò alla porta della madre, che non ne volle sapere. Senza risorse, rispose ad un’inserzione sul giornale, per una convivenza col cinquantenne Angelo Porrello, pregiudicato per abusi sessuali.
Porrello fu la terza vittima: dopo che l’uomo la stuprò, Milena l’uccise, drogandolo ed affogandolo nella vasca. Nel carcere di Vigevano, confessò tutti i delitti, affermando d’essere vittima e non assassina. Nella sua cella, sembrava aver ritrovato la serenità ma, una notte, con un lenzuolo attorno al collo, s’impiccò, lasciando un biglietto con scritto: “Non ce la faccio più, perdonatemi. La mamma”.