Delitto di Garlasco, il dettaglio del martello dalle sentenze alle dichiarazioni dei Poggi
Chiara Poggi è stata uccisa con un martello? Gli ultimi sviluppi sul delitto di Garlasco e cosa riportavano le sentenze, nel dettaglio
La doppia svolta arrivata dalle nuove indagini sul delitto di Garlasco riapre uno dei vecchi quesiti. Ancora oggi gli inquirenti si interrogano su quale fosse l’arma del delitto usata per uccidere Chiara Poggi. Le ultime notizie parlano di alcuni oggetti rinvenuti nel canale di Tromello (Pavia), in prossimità dell’abitazione della nonna delle gemelle Cappa nella quale, al tempo della tragedia, viveva il fratello Cesare Cappa che in quei giorni si trovava in vacanza in Croazia. Tra i reperti restituiti dalle acque c’è un martello, lo stesso di cui la famiglia Poggi segnalò la scomparsa dopo la morte della 26enne. Lo stesso, inoltre, citato nelle sentenze che condannarono Alberto Stasi.
- Il dettaglio del martello: un passo a ritroso
- Cosa mancava dalla casa di Chiara Poggi
- Il delitto di Garlasco e l'attizzatoio
Il dettaglio del martello: un passo a ritroso
Era il 17 dicembre 2014 quando la sentenza dell’appello bis condannava per la prima volta Alberto Stasi a 16 anni di reclusione. Nel documento stilato dai giudici, riportato in forma integrale sul sito Giurisprudenza Penale, a pagina 116 si legge che i genitori della vittima avevano segnalato che dall’abitazione di via Pascoli 8, dopo l’omicidio della figlia, era sparito un martello e altri asciugamani.
Nella stessa sentenza si faceva riferimento al precedente provvedimento della Corte di Cassazione del 18 aprile 2013, che aveva annullato le assoluzioni arrivate dopo i processi di primo e secondo grado. In tale riferimento si individuava l’arma del delitto dapprima in un paio di forbici da sarto e in seguito in un martello da muratore.
Fonte foto: ANSA
Il 12 dicembre 2015, come noto, arrivò la sentenza della Corte di Cassazione che confermò quella dell’appello bis: Alberto Stasi fu definitivamente condannato a 16 anni. Nel documento degli ermellini, a pagina 1 e 2, erano presenti riferimenti all’esame autoptico che ricostruiva le dinamiche con cui Chiara Poggi era stata uccisa. L’assassino, secondo i giudici, avrebbe usato un oggetto metallico e pesante con il quale la 26enne sarebbe stata attinta più volte e con una certa forza.
Secondo l’autopsia l’arma del delitto si poteva individuare in un martello da muratore dotato di una “massa battente da una parte” e di “una specie di lama con lo scalpello dall’altra”. Il 27 settembre 2014, un anno prima della sentenza della Cassazione e qualche mese prima della sentenza dell’appello bis, La Provincia Pavese riportava indiscrezioni sulla relazione dei periti sul misterioso oggetto contundente usato per uccidere Chiara Poggi. Si parlava di “un martello da carpentiere a coda di rondine o un martello comune“. E proprio nelle acque del canale che costeggia la casa della nonna delle Gemelle Cappa, il 14 maggio 2025, gli inquirenti hanno rinvenuto un martello.
Cosa mancava dalla casa di Chiara Poggi
Come già riportato, i genitori di Chiara Poggi rivelarono agli inquirenti che dopo l’omicidio della figlia Chiara dall’abitazione risultavano scomparsi un martello e vari asciugamani. Il 15 maggio 2025 Repubblica sottolinea che si trattava di un martello “a coda di rondine”.
Lo hanno ribadito in questi giorni, i Poggi, quando le cronache hanno ripreso a parlare dell’attizzatoio da camino che spesso è stato citato come possibile arma del delitto. I genitori della vittima, infatti, hanno spesso sottolineato che tutti gli attrezzi da camino sono ancora presenti, dunque da via Pascoli 8 non sarebbe sparito alcun attizzatoio.
Il delitto di Garlasco e l’attizzatoio
Eppure nelle indagini sul delitto di Garlasco e nella grande eco mediatica che da 18 anni ha portato la Lomellina al centro delle cronache, i riferimenti all’attizzatoio non sono mai mancati. Va detto che dal momento che l’arma del delitto non è ancora stata ritrovata, anche un attrezzo per la legna da ardere potrebbe essere compatibile con la descrizione di uno strumento metallico e pesante.
L’ipotesi dell’attizzatoio trovò particolare vigore il 27 settembre 2007 quando Marco Demontis Muschitta, 31 anni allora, si presentò spontaneamente presso la Procura di Vigevano. Muschitta era un tecnico dell’Asm e agli inquirenti spiegò che la mattina del 13 agosto 2007, data in cui si consumò il delitto, si trovava a Garlasco per ispezionare alcuni tombini. Alle 9:30, disse, vide una ragazza in bicicletta uscire da via Pascoli e percorrere la strada nella direzione opposta alla sua. La ragazza procedeva a zig zag in quanto nella mano destra stringeva sia il manubrio che “un piedistallo tipo da camino (…) con in testa tipo una pigna”.
Muschitta identificò quella ragazza come Stefania Cappa, ma subito dopo ritrattò dicendo di essersi inventato tutto, salvo poi rivelare di aver “detto quello che ho visto” in alcune intercettazioni ambientali successive al suo colloquio con gli inquirenti.
