Inchiesta Almasri, Nordio nella bufera e opposizione chiede le dimissioni perché "ha mentito": la situazione

L’opposizione vuole le dimissioni di Nordio e invita Meloni in aula dopo le rivelazioni sul depistaggio del caso Almasri

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Dalle nuove rivelazioni sul caso Almasri, si alza la voce dell’opposizione che chiede le dimissioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Non solo, Giorgia Meloni dovrebbe tornare in aula a discutere delle novità.

Nordio e Meloni attaccati dall’opposizione

“Sta crollando il castello delle bugie – ha detto alla Camera Chiara Appendino, vicepresidente del M5S – giorno dopo giorno, rendendo questa storia sempre più grave e vergognosa”.

Si tratta solo di una delle dichiarazioni dell’opposizione, che sulla questione è dura.

Carlo NordioANSA
In foto Carlo Nordio, ministro della Giustizia

Nordio non è l’unico al centro dell’attenzione. Anche Giorgia Meloni è chiamata a spiegare tutto quello che è emerso.

Sempre Appendino definisce la premier “regista di questo film horror”. La richiesta è semplice: “Vogliamo sapere cosa è successo in questo depistaggio di Stato”.

Da qui la richiesta a Meloni di andare in aula e fare un’informativa per raccontare le azioni del governo. “La verità è un dovere verso i cittadini, invece questo governo l’ha voluta negare agli italiani fin dal primo giorno”.

Le dimissioni di Nordio

Il principale attacco però è a Nordio, a cui l’opposizione chiede una prova di responsabilità.

“Se non lui, allora”, dice ancora Appendino a Meloni, “per una volta faccia la cosa giusta: mandi a casa Nordio subito”.

Anche Matteo Renzi prende parola e, in una nota, dice che non gli interessa la vicenda giudiziaria o l’avviso di garanzia. Lo preoccupa invece “un governo che mente all’opinione pubblica e alle Camere. Un governo che si fa ricattare dai torturatori libici. Un governo che si fa umiliare sulla scena internazionale come ieri a Bengasi”.

Da Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi–Sinistra) invece una domanda retorica, ovvero: “Quando la principale collaboratrice del ministro della Giustizia invita a utilizzare la massima segretezza e sistemi di comunicazione riservati, che cosa si vuole nascondere di tanto imbarazzante, se non una violazione delle norme?”.

Giuseppe Conte, leader del M5S, ha parlato di Governo di “bugiardi”.

Il caso Almasri in breve e i nuovi dettagli

Nijeem Osama Almasri, generale della Libia, gestisce la prigione di Mittiga, che ospita centinaia di criminali e terroristi.

Il 6 gennaio 2025 ha iniziato il suo viaggio per l’Europa volando da Tripoli a Londra, facendo scalo all’aeroporto di Roma-Fiumicino.

Dopo essere stato a Londra per una settimana, il 13 gennaio si è trasferito a Bruxelles in treno per poi proseguire diretto in Germania, viaggiando in macchina con un amico: durante il suo tragitto verso Monaco, il 16 gennaio, è stato fermato dalla polizia per un controllo di routine e gli agenti lo hanno lasciato proseguire. Infine è arrivato a Torino in auto, per assistere a una partita di calcio della Juventus.

Sabato 18 gennaio, la Corte penale internazionale – con una maggioranza di due giudici a uno – ha spiccato un mandato d’arresto nei confronti di Almasri per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga dal febbraio 2011: secondo l’Aia, sotto il suo comando sarebbero state uccise 34 persone. Inoltre, un bambino sarebbe stato violentato.

Domenica 19 gennaio è stato quindi fermato a Torino e messo in carcere dalla polizia italiana, venendo poi rilasciato il 21 gennaio su disposizione della Corte d’Appello a causa di un errore procedurale: si è trattato di un arresto irrituale, perché la Corte penale internazionale non aveva in precedenza trasmesso gli atti al ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Scarcerato, nello stesso giorno è stato rimpatriato in Libia con un volo di Stato “per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto” e per il fatto che dal momento del rilascio “era ‘a piede libero’ in Italia”, aveva poi spiegato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, durante un question time al Senato.

caso almasriANSA

Ora, a luglio, l’indagine del Tribunale dei ministri è conclusa e sono emersi nuovi dettagli.

In particolare la prova che fin dal primo pomeriggio del 19 gennaio Giusi Bartolozzi sapeva. Fu lei a dare indicazioni ai magistrati di usare “cautela”. Emerge anche che Bartolozzi fosse a conoscenza della mancata autorizzazione all’arresto di Almasri, quando era stato fermato a Torino.

Tutti dettagli che contraddicono la versione raccontata dal governo in Parlamento. Da qui la citata immagine di Appendino sul “castello delle bugie” che crolla sotto il peso delle verità emerse.