Ordine di comparizione ad Almasri in Libia, i rischi e dopo la liberazione in Italia: cosa succede
Almasri rischia l’arresto in Libia per crimini contro l’umanità. In Italia scoppia il caso: l'opposizione vuole le dimissioni di Nordio
Almasri dovrà comparire in aula per il mandato di arresto della Corte penale internazionale in Libia. Su di lui pendono accuse di omicidio, stupro, tortura e maltrattamento. La decisione arriva dopo che il governo Meloni lo ha accompagnato come uomo libero nel suo Paese.
- Almasri verso l’arresto in Libia
- Il coinvolgimento italiano
- Nordio deve dimettersi?
- Il caso Almasri in breve e i nuovi dettagli
Almasri verso l’arresto in Libia
Nel suo Paese, Osama Najim Almasri rischia l’arresto. La procura ha emesso un ordine di comparizione in merito al mandato di arresto della Corte penale internazionale (CPI). A suo carico ci sono accuse di omicidio, stupro, tortura, trattamento inumano, detenzione arbitraria e altri crimini contro l’umanità.
In una nota ufficiale si legge che, dopo aver esaminato i fatti, ci sono gli elementi per un ordine di comparizione. L’accusato era già stato ascoltato il 28 aprile scorso. Dopo aver proseguito le indagini, la Procura generale della Libia fa ora l’ultimo passo.
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Su Facebook, tramite il profilo ufficiale, arriva la conferma dell’avviato procedimento pubblico nei confronti di Almasri secondo le norme della giurisdizione nazionale.
Il coinvolgimento italiano
Facciamo un passo indietro per capire il coinvolgimento del governo italiano nella vicenda. È ancora fresca nella memoria l’immagine di Almasri che, il 21 gennaio 2025, scende dall’aereo come uomo libero nel suo Paese.
Invece, l’Italia avrebbe dovuto consegnare il generale libico alla Cpi. Così la premier Meloni, il sottosegretario Mantovano e i ministri Nordio e Piantedosi sono finiti sotto inchiesta per favoreggiamento, peculato e omissione d’atti d’ufficio.
Caso e “carteggio complesso”, dicono, ma anche chat informali su Signal, email e autorizzazioni di fermo mancanti. Il 5 febbraio Nordio aveva risposto in Parlamento sul caso, parlando di “comunicazione informale di poche righe”. La ricostruzione dei fatti non ha convinto. In quei giorni il procuratore capo di Tripoli aveva già chiesto il rimpatrio di Almasri per crimini sovrapponibili a quelli indicati dalla Cpi nel mandato.
Nordio deve dimettersi?
Ora che l’indagine è conclusa, dalle carte emerge che fin dal primo pomeriggio di domenica la capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, sapeva ciò che stava avvenendo e diede indicazioni ai magistrati del Dipartimento degli Affari di Giustizia di procedere con cautela.
L’opposizione attacca: se Nordio sapeva, deve dimettersi. Dicono:
Apprendiamo da fonti di stampa che il ministro Nordio avrebbe detto il falso nel corso dell’informativa urgente al Parlamento sul caso Almasri […] non può rimanere nel proprio ruolo un secondo di più.
Lo dichiara la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani. Da Avs al M5S, l’attacco a Nordio passa per la richiesta di responsabilità: dicono che ha perso la credibilità e l’autorevolezza necessarie per restare al suo posto.
Il caso Almasri in breve e i nuovi dettagli
Nijeem Osama Almasri, generale della Libia, gestisce la prigione di Mittiga, che ospita centinaia di criminali e terroristi.
Il 6 gennaio 2025 ha iniziato il suo viaggio per l’Europa volando da Tripoli a Londra, facendo scalo all’aeroporto di Roma-Fiumicino.
Dopo essere stato a Londra per una settimana, il 13 gennaio si è trasferito a Bruxelles in treno per poi proseguire diretto in Germania, viaggiando in macchina con un amico: durante il suo tragitto verso Monaco, il 16 gennaio, è stato fermato dalla polizia per un controllo di routine e gli agenti lo hanno lasciato proseguire. Infine è arrivato a Torino in auto, per assistere a una partita di calcio della Juventus.
Sabato 18 gennaio, la Corte penale internazionale – con una maggioranza di due giudici a uno – ha spiccato un mandato d’arresto nei confronti di Almasri per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga dal febbraio 2011: secondo l’Aia, sotto il suo comando sarebbero state uccise 34 persone. Inoltre, un bambino sarebbe stato violentato.
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Domenica 19 gennaio è stato quindi fermato a Torino e messo in carcere dalla polizia italiana, venendo poi rilasciato il 21 gennaio su disposizione della Corte d’Appello a causa di un errore procedurale: si è trattato di un arresto irrituale, perché la Corte penale internazionale non aveva in precedenza trasmesso gli atti al ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Scarcerato, nello stesso giorno è stato rimpatriato in Libia con un volo di Stato “per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto” e per il fatto che dal momento del rilascio “era ‘a piede libero’ in Italia”, aveva poi spiegato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, durante un question time al Senato.
Ora, a luglio, l’indagine del Tribunale dei ministri è conclusa e sono emersi nuovi dettagli.
In particolare la prova che fin dal primo pomeriggio del 19 gennaio Giusi Bartolozzi sapeva. Fu lei a dare indicazioni ai magistrati di usare “cautela”. Emerge anche che Bartolozzi fosse a conoscenza della mancata autorizzazione all’arresto di Almasri, quando era stato fermato a Torino.
Tutti dettagli che contraddicono la versione raccontata dal governo in Parlamento. Da qui la citata immagine di Appendino sul “castello delle bugie” che crolla sotto il peso delle verità emerse.
