Roberta Bruzzone pensa che Sigfrido Ranucci sappia chi è dietro l'attentato: "Ho un'idea, difficile provarla"
Sigfrido Ranucci sta ragionando su chi possa esserci dietro l'attentato sotto casa sua, e il ragionamento di Roberta Bruzzone dà una sponda alla sua "idea"
Dopo l’attentato sotto casa, con l’esplosione di una bomba che ha causato la distruzione della sua auto e di quella della figlia, Sigfrido Ranucci ha denunciato l’accaduto, si è visto aumentare il livello della scorta e ovviamente ha iniziato a pensare a chi possa averlo minacciato in una maniera così esplicita. Ospite di Ore 14, trasmissione di Rai 2, Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa, ha analizzato il profilo di chi potrebbe aver compiuto il gesto, dicendosi sicura che Ranucci abbia un’idea precisa. E in effetti il giornalista ha ammesso la cosa, aggiungendo però che, al momento, “è difficile provarlo“.
- Il racconto di Ranucci dopo l'attentato
- Le minacce negli ultimi due anni
- Le due coincidenze
- La frecciata ai politici
- Cosa sappiamo sulla bomba
- L'analisi di Roberta Bruzzone
Il racconto di Ranucci dopo l’attentato
Sigfrido Ranucci, venerdì 17 ottobre, ai microfoni di Ore 14, trasmissione di Rai 2 condotta da Milo Infante, ha raccontato cos’è successo la sera prima.
Il giornalista ha riferito di essere tornato a casa “dopo due-tre giorni d’assenza” e che circa 30 minuti dopo, “alle 22:17“, è esploso l’ordigno che era stato “posizionato vicino a un vaso, davanti alla mia macchina”.
La macchina è saltata in aria, così come quella della figlia, che era parcheggiata vicino: “La cosa che ovviamente fa venire i brividi è che era passata proprio in quel passaggio una manciata di minuti prima. Questo ordigno, da quello che mi è stato detto dagli artificieri, dai vigili del fuoco, dalla polizia e dai carabinieri giunti immediatamente sul posto, era artigianale, rudimentale, ma conteneva una grande quantità di esplosivo. Ora capiremo di che natura. L’esplosione è stata veramente enorme, dirompente.
Le minacce negli ultimi due anni
Il conduttore di Report ha poi spiegato che gli ultimi due anni “sono stati abbastanza complicati, correlati da una serie di episodi che sono al vaglio della magistratura”.
Ranucci ha detto di non aver “mai dato pubblicità al fatto di aver trovato l’estate scorsa, proprio dietro a un cespuglio vicino casa mia, dei proiettili di una P38, in seguito a un’inchiesta che avevamo fatto sulle stragi di mafia, sul caso Moro e quella dell’uccisione di Piersanti Mattarella. In quell’occasione era arrivata una mail, proveniente da Proton Mail (servizio di posta elettronica sicuro e privato basato sulla crittografia end-to-end, che garantisce che solo mittente e destinatario possano leggere i messaggi, ndr), che annunciava che se avessimo continuato a raccontare del caso Moro mi avrebbero ammazzato“.
Ci sarebbero state altre situazioni “che sono al vaglio della magistratura e che allargano il campo a varie ipotesi. Adesso, con questa esplosione, si è alzata la qualità delle intimidazioni“.
Le due coincidenze
Ranucci ha poi indicato due coincidenze, rispetto alle tempistiche dell’attentato:
- l’imminente partenza della nuova stagione di Report, domenica 26 ottobre
- l’anniversario dell’attentato e della morte di Daphne Caruana Galizia, giornalista e blogger maltese, nota per le inchieste sul malaffare e sulla corruzione nell’isola
La frecciata ai politici
Il giornalista ha sottolineato poi l’elemento “positivo” della faccenda, ossia “le reazioni, dal presidente della Repubblica alla presidente del Consiglio”, così come le “varie istituzioni” che “hanno manifestato la loro solidarietà, questo è un bel segnale per tutti coloro che fanno il loro mestiere”.
Poi, la frecciata: “Il paradosso è che mentre le istituzioni manifestano la loro solidarietà, mi hanno chiesto alle 17 di essere in redazione perché mi devono consegnare l’ennesimo atto giudiziario. Ora, io credo che se si vuole veramente difendere la libertà di stampa bisogna approvare un disegno di legge che è da anni in un cassetto, quello contro le liti temerarie. Perché io non penso per me, alle spalle ho la fortuna di avere un’azienda grande come la Rai. Penso a tutti quei giornalisti che invece sono nelle sedi locali, che di episodi come il mio li vivono quotidianamente, vivono varie pressioni, intimidazioni e minacce, vengono anche pagati poco, quando vengono pagati… ecco, se questo è un Paese malato che convive con la sua patologia come se fosse la normalità, quei giornalisti locali sono gli anticorpi per difenderci che vanno sostenuti e rafforzati per fermare il male prima che divori il Paese”.
Cosa sappiamo sulla bomba
Ranucci ha poi svelato alcuni dettagli sulla bomba esplosa sotto casa.
Il giornalista ha dichiarato che “sicuramente, la persona che ha confezionato questo ordigno conosce i miei spostamenti, come li conosceva quello che ha messo i proiettili, perché me li ha fatti trovare dopo una settimana che mancavo di casa. Il primo giorno abbiamo trovato questi proiettili. Conosce anche le mie abitudini, l’ha posizionato esattamente dove passo io per entrare a casa: c’è un piccolo margine tra la macchina e il cancello, presuppone una conoscenza di tante cose. Anche del fatto che non ci sono telecamere”.
Per Milo Infante, questo dettaglio è “inconcepibile”, visto che Ranucci era comunque sotto scorta: “Come è possibile che non ci siano telecamere all’esterno?”.
La risposta l’ha data proprio il conduttore di Report:
“Quella è un’area critica, credo che sarebbe responsabilità del Comune di Pomezia. È una zona in cui c’è parecchia pratica di spaccio, soprattutto narcotrafficanti albanesi. Ti ricordo che qualche anno fa fu ucciso nella spiagga di Torvaianica, là vicino, un narcotrafficante. Si sentono ogni tanto delle singole esplosioni, che sono i cosiddetti fuochi d’artificio: chi sa e conosce le dinamiche sa che quello è l’avvertimento che è arrivata anche la droga. Lasciare tutta quella zona senza una sorveglianza, nonostante ci sia un grande lavoro dei carabinieri che coprono quell’area e delle altre forze dell’ordine, credo che bisogna aiutarli in qualche modo, e rassicurare anche la cittadinanza”.
Poi, è tornato sull’ordigno: “È stato fatto esplodere sul momento, non era telecomandato: io credo che questa dinamica racconti un fatto. Che è stato un avvertimento pesante, chi ha voluto darlo mi ha detto anche in sottotitolo: conosce i miei spostamenti e le mie abitudini, e sarebbe in grado di colpire quando vuole”.
Sa chi sia stato? “Qualche idea ce l’ho, ma è difficile provarla“.
L’analisi di Roberta Bruzzone
A prendere la parola è stata poi Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense: “Probabilmente l’attentatore è rimasto anche a vedere la scena successiva, si è gustato tutto quello che è successo dopo l’esplosione. Ci fossero state le telecamere sarebbero state utili sotto il profilo investigativo, perché un soggetto che agisce in questo modo vuole godersi il terrore che è riuscito a innescare“.
E ancora: “Ha colpito davanti a casa, un messaggio devastante. Gli ha detto ‘posso fare quello che voglio, quando voglio, tu non hai nessuna chance di sopravvivere se decido di andare fino in fondo’, che porta con sé una dimensione criminale e una determinazione davvero preoccupante”.
Sull’idea di Ranucci, relativa a chi possa aver compiuto l’attentato, Bruzzone ha detto che “immagino che abbiate intuito l’aggressività da parte di alcuni soggetti con cui avete avuto a che fare negli ultimi mesi, perché non è certo qualcosa che vi portate dietro da anni, quindi è qualcosa su cui probabilmente state indagando ancora, lo avete fatto e sicuramente c’è qualcos’altro da scoprire. Però immagino anch’io che probabilmente più che due o tre idee… un’idea chiara, una sola, ce l’abbia in testa. Non è molta la gente in grado di alzare il tiro a questo livello”.
Un livello altissimo che Ranucci ha riassunto così: “Con l’esperienza di aver letto anni e anni di atti giudiziari e inchieste della magistratura, quello che abbiamo notato è stata sicuramente l’escalation. Alzare il livello dell’asticella mano a mano: prima le minacce sui social, poi le lettere anonime ma alcune ben mirate, i proiettili, poi i pedinamenti…”. E adesso la bomba.
