Settimana corta per i deputati diventa un caso, Lega contraria e Ciriani ritratta: "Era solo un'ipotesi"
La proposta della settimana corta per i deputati non ha convinto la Lega e il ministro Luca Ciriani, che l'aveva lanciata, ha ritrattato
La proposta della settimana corta per i deputati è diventata un caso politico tanto da spingere Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento, che tale provvedimento aveva lanciato, a ritrattare parlandone come solo di un’ipotesi. Il Governo aveva bocciato questa idea e la stessa Lega aveva fatto intendere di essere contraria.
- Settimana corta per i deputati, arriva il dietrofront
- Cosa stabiliva la proposta del ministro Ciriani
- Le reazioni
Settimana corta per i deputati, arriva il dietrofront
Una proposta nata mercoledì 25 giugno e già naufragata pochi giorni dopo. Si tratta di quella lanciata da Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento, di adottare la settimana corta per i deputati, permettendo loro di fatti di chiudere i lavori al giovedì con un giorno d’anticipo sul canonico venerdì.
Ostracizzata dall’opposizione e non vista di buon occhio neanche dalla maggioranza, la proposta dunque potrebbe presto finire nel dimenticatoio. Lo stesso Ciriani si è affrettato a ribadire come fosse solo un’idea, un’ipotesi.
IPA
Cosa stabiliva la proposta del ministro Ciriani
Riavvolgendo il nastro, la proposta della settimana corta per i deputati era stata avanzata al termine della riunione dei capigruppo. Già allora però il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, aveva rimandato a data da destinarsi la valutazione di essa.
In sostanza, Ciriani proponeva di cancellare le sedute della Camera del venerdì mattina, di solito dedicate alle interpellanze urgenti e con scarsamente frequentate, anticipandole al giovedì pomeriggio, come accadeva fino al 2008. La motivazione stava proprio nella difficoltà di “garantire il venerdì la presenza di ministri e sottosegretari”.
Si tratta quello delle ore lavorative di un tema molto caldo. In precedenza il Governo e la commissione Bilancio avevano bocciato la proposta di legge, presentata da M5S, Pd e AVS, per introdurre la settimana lavorativa ridotta, a parità di salario, per tutti i lavoratori. Il no era stato spiegato con i possibili impatti economici negativi della riforma sul bilancio pubblico.
Le reazioni
Come per i lavoratori, anche quella per i deputati ha avuto insomma vita breve. I primi a smarcarsi dalla proposta sono stati proprio i rappresentanti della Lega. Fonti vicine al Carroccio, sentite da Repubblica, infatti hanno fatto sapere come per loro “non esistesse la questione anche perché molto spesso si lavora il giovedì pomeriggio in aula, quindi non ci sarebbe spazio e si dovrebbe andare comunque al venerdì”.
Lo stesso ministro di Fdi ci ha tenuto poi a smontare la polemica ribadendo come la sua fosse stata solo un’ipotesi per dare dignità allo strumento delle interpellanze e quindi anche all’opposizione e come l’obiettivo finale fosse quello non di lavorare meno, ma di lavorare meglio. Al Corriere della Sera aveva spiegato: “”Era un’ipotesi per capire se collocare le interpellanze urgenti, non sempre ma ogni tanto, il giovedì sera, non era certo un modo per lavorare meno. Anzi ci sarà da lavorare moltissimo nelle prossime settimane e, perlomeno fino all’8 agosto, lavoreremo a pieno ritmo, senza defezioni o perdite di tempo”.
Oltre alle perplessità nella maggioranza, l’idea aveva fatto infuriare anche l’opposizione. La capogruppo del Pd, Chiara Braga, aveva parlato di una proposta “inaccettabile. “Ridurre le sedute è un segnale che riteniamo profondamente sbagliato: un insulto a chi lavora ogni giorno”, aveva detto.
