Il tema che riguarda la plastica è sempre più centrale. Questo perché tale materiale ha subito una evoluzione importante fin dalla prima presentazione all’Esposizione Universale di Londra del 1862. Di pari passo con la sua diffusione sono però emersi anche i gravi problemi legati allo smaltimento e all’inquinamento.
Negli anni ’50 e ’60, la plastica diventa economica e di uso comune, rivoluzionando l’industria e la vita quotidiana. Negli ultimi decenni politiche di riciclo stanno cercando di arginare la problematica ambientale. Ecco perché vengono introdotte frequenti novità, che ultimamente hanno riguardato le bottiglie, pronte a cambiare colore.
Come cambiano le bottiglie di plastica
Se i tappi che non si staccano dalle bottiglie di plastica sono stati necessari per contenere il problema dell’inquinamento ambientale con la loro troppo frequente dispersione una volta staccati dal contenitore, un’altra novità cambierà il modo di vedere i recipienti nel prossimo futuro. Si tratta di un intervento molto meno “fastidioso” di quanto non siano stati i tappi introdotti dalla Direttiva SUP (Single-Use Plastics) 2019/904 dell’Unione Europea. Sì perché, per quanto utile, la norma ha provocato e provoca in molti consumatori qualche imbarazzo per la scomodità pratica. Nulla di devastante, sia chiaro. Però qualche piccolo disagio sorge nel momento in cui il tappo ostacola, seppur in minima parte, l’utilizzo della bottiglia.
Ora la nuova direttiva europea 2019/904, adottata il 5 giugno del 2019 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2025, è pensata per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale. È stato introdotto l’obbligo per i produttori di realizzare tutte le bottiglie in plastica con capacità fino a tre litri con almeno il 25% di plastica riciclata. È già previsto che questa percentuale salirà al 30% entro il 2030. Non solo. I Paesi della Ue si sono impegnati entro il 2025 a raccogliere separatamente il 77% della plastica immessa nel mercato, il 90% entro il 2029
A guardarla bene non si tratta di una norma rivoluzionaria, seppur indiscutibilmente necessaria per fronteggiare la grande piaga dell’inquinamento da plastiche. Chiunque abbia avuto modo di viaggiare nei Paesi del nord Europa, avrà sicuramente notato che in molti di quegli stati analoghe politiche sul riciclo sono già state introdotte da diverso tempo. In Norvegia, ad esempio, alcune aziende utilizzano oggi già fino all’80% di plastica riciclata. Insomma, un modello da cui prendere esempio, ma che sembra così lontano per la maggior parte del Vecchio Continente.
Cosa cambia per i consumatori
Normale chiedersi cosa cambierà per i consumatori con l’introduzione di questa normativa europea. Sostanzialmente nulla e nemmeno ci renderemo conto della novità per quanto concerne l’acqua in bottiglia, se non per un piccolo dettaglio di natura cromatica. Le bottiglie con una più alta percentuale di plastica riciclata, infatti, hanno un colore più scuro, tendente al giallastro.
Tutte le aziende si sono adeguate alla nuova normativa e per molte non vi è stato alcun disagio, in quanto già prevedevano l’utilizzo di plastica riciclata, in percentuali variabili.
Se per noi, almeno in questo caso, non ci sarà alcuna differenza pratica, a giovarne sarà l’ambiente. Solo in Italia vengono prodotte 13 miliardi di bottiglie di plastica monouso ogni anno. Una quantità enorme, considerando che sulla penisola vivono circa 60 milioni di persone, un nulla pensando alla popolazione mondiale.
La direttiva è stata adottata con l’obiettivo principale di prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Inoltre, si tende a promuovere una transizione verso un’economia circolare in tutta l’Unione europea attraverso l’introduzione di una combinazione di misure per i prodotti contemplati dalla direttiva. Più in generale, sul lungo termine, l’obiettivo è garantire che i prodotti di plastica monouso non possano essere immessi sul mercato.