Belli da vedere e buoni da mangiare, sui banconi dei panifici e dei bar sono sempre di più i cibi a base di carbone vegetale. Diversi dal pane di segale, questi sono neri come la superficie di una lavagna e destano non poche curiosità. Non più solo integratori per combattere il gonfiore, quindi, ma anche prodotti da forno.
Il carbone vegetale a tavola ci è finito perché è un colorante autorizzato per l’utilizzo alimentare. Di norma viene prodotto attraverso delle materie prime di origine vegetale, come possono essere i gusci della frutta secca, e trattato ad alte temperature (dai 700 ai 1000 gradi). A volte lo si sente chiamare carbone attivo, perché viene sottoposto a un processo di vera e propria attivazione.
Oltre a colore, sicuramente invitante e che attira la curiosità della gente, questa sostanza è utile per assorbire varie molecole ed elementi. Nel caso dei gonfiori assorbe i gas intestinali, mentre l’industria alimentare la usa da decenni per rimuovere dai cibi degli elementi indesiderati e tossine come la patulina.
Mangiare in sicurezza
Ma mangiare il carbone attivo attraverso i prodotti da forno fa davvero bene? La sigla presente in etichetta corrispondente a questa sostanza è E153 e, secondo la legge, se ne può aggiungere “quanto basta”, il famoso q.b. di sale e zucchero nelle ricette di cucina, sia nei dolci che nei cibi salati.
Lo si può trovare nei formaggi aromatizzati non stagionati, nelle croste di formaggio commestibili, nella mostarda di frutta, nei biscotti, nelle gallette, nelle fette biscottate, nei cracker, nei pani croccanti e non solo.
Il carbone vegetale però non può essere inserito nella pasta, negli gnocchi e – impossibile ma vero – nel pane. Ecco allora che il Ministero della Salute è giunto a una sorta di compromesso: è possibile produrlo, ma non chiamarlo “pane”.
Ma al di là della forma qual è la sostanza? Sempre il Ministero rassicura che, se aggiunto con criterio a tavola, il carbone attivo non fa male alla salute. Tuttavia, va specificato, non apporta nemmeno dei benefici. Per poter godere delle proprietà di questo elemento, ne va assunto un grammo almeno 30 minuti prima del pasto e uno subito dopo.
Pane al carbone vegetale, lo studio
In una recente ricerca, alcuni scienziati messicani hanno rilevato sia effetti positivi che negativi. L’aggiunta del carbone attivo, infatti, modifica la consistenza del pane, interferendo proprio sulla lievitazione (visto che assorbe i gas). Inoltre ridurrebbe la digeribilità dell’amido e aumenterebbe la quota dei carboidrati resistenti alla digestione.
Una diretta conseguenza è che il pane con carbone vegetale potrebbe avere un minor impatto sull’aumento degli zuccheri nel sangue dopo i pasti. Si tratta, al momento, solo di benefici “possibili”, ma non dimostrati. Questo perché lo studio è stato condotto in laboratorio e non ancora su un campione di persone.
Inoltre, ci sono dei dubbi sui potenziali effetti indesiderati, come la possibilità che il carbone vegetale assorba anche nutrienti e altre sostanze (per esempio gli antiossidanti). Insomma, finché non se ne saprà di più, forse è il caso di prendere in considerazione determinati alimenti solo come sfizi.