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NOTIZIE 31 AGOSTO 2024

Veleno usato come fertilizzante nelle fattorie: i Pfas fanno paura

Stefania Cicirello

Stefania Cicirello

Editor e videomaker

Content writer, video editor e fotografa, ho conseguito un master in Digital & Social Media Marketing. Negli anni ho sviluppato competenze nella creazione di contenuti digitali, integrando creatività e abilità tecniche in diversi progetti online e adattando i contenuti alle diverse piattaforme.

Negli ultimi anni, la crescente preoccupazione per l’impatto ambientale dei cosiddetti “Forever Chemicals”, noti anche come Pfas, ha portato alla luce una delle più gravi minacce alla salute pubblica e all’ambiente. Questi composti chimici, resistenti alla degradazione, sono stati rilevati non solo nell’acqua e nel cibo, ma anche nei fertilizzanti utilizzati nelle fattorie, generando un allarme globale.

L’inchiesta americana sulla presenza di “Forever Chemicals” nelle fattorie

Un’inchiesta condotta dal New York Times ha fatto luce sulla situazione negli Stati Uniti, dove i Pfas, noti per la loro persistenza ambientale, sono stati rinvenuti nei fertilizzanti usati in diverse fattorie. Secondo il rapporto, i fanghi di depurazione, spesso utilizzati come fertilizzanti per arricchire i terreni agricoli, contengono elevate quantità di Pfas. Questi fanghi, derivati dai trattamenti delle acque reflue, finiscono per entrare nella catena alimentare.

Gli agricoltori, ignari della presenza di sostanze chimiche tossiche nei fertilizzanti, hanno utilizzato questi prodotti per anni, contribuendo inconsapevolmente alla diffusione dei Pfas nei loro raccolti. Le conseguenze sono potenzialmente devastanti, poiché questi composti, una volta entrati nel suolo, si accumulano nelle piante e, successivamente, negli animali che si nutrono di esse. Questo ciclo continuo di contaminazione rappresenta una minaccia seria per la salute umana, considerando che i Pfas sono associati a varie patologie, tra cui problemi endocrini, malattie renali e alcuni tipi di cancro.

L’inchiesta ha inoltre messo in evidenza la scarsa regolamentazione e i controlli insufficienti sui fanghi di depurazione, aprendo un dibattito sulla necessità di un intervento normativo più stringente per prevenire ulteriori contaminazioni. La situazione americana funge da monito per altre nazioni, sottolineando l’urgenza di una revisione globale delle pratiche agricole e dei materiali utilizzati.

Pfas nell’acqua e nel cibo anche in Italia: dove sono presenti

Anche in Italia, la problematica dei Pfas è stata ampiamente documentata. Diverse inchieste e studi scientifici hanno evidenziato la presenza di questi composti chimici nell’acqua potabile e in vari alimenti. Come riportato da Altroconsumo, in alcune aree del Veneto ad esempio l’acqua è risultata fortemente contaminata, con livelli di Pfas superiori ai limiti di sicurezza stabiliti. Questa situazione ha portato a un aumento dei controlli e alla necessità di adottare misure di prevenzione per tutelare la salute pubblica.

I Pfas sono stati rinvenuti in numerosi alimenti, tra cui pesci, carne e prodotti derivati, soprattutto nelle zone vicine a impianti industriali che producono o utilizzano tali sostanze. La contaminazione può avvenire sia attraverso l’acqua utilizzata per l’irrigazione che attraverso i fanghi di depurazione usati come fertilizzanti. Di conseguenza, il rischio per i consumatori è elevato, considerando che l’assunzione di Pfas tramite il cibo è una delle principali vie di esposizione.

Un’indagine di Altroconsumo ha confermato che i Pfas si trovano anche in alcuni alimenti cotti, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza alimentare. Ad esempio, la cottura di alimenti in acqua contaminata può trasferire questi composti nei cibi, rendendo la contaminazione difficile da evitare anche nelle preparazioni casalinghe.

Greenpeace Italia ha lanciato l’allarme riguardo alla presenza di Pfas negli alimenti, sottolineando come la contaminazione sia diffusa e come siano necessarie azioni immediate per ridurre l’esposizione. L’organizzazione ha richiesto interventi urgenti per regolamentare l’uso di questi composti e per monitorare con maggiore attenzione la qualità dell’acqua e dei suoli agricoli.

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