Accordo Usa-Ue sui dazi di Trump, cosa cambia per il made in Italy e cosa prevede l'intesa per l'Europa
L'accordo raggiunto tra Usa e Ue sui dazi di Donald Trump avrà delle conseguenze sui prodotti made in Italy e non saranno effetti positivi
Il 27 luglio Donald Trump e Ursula Von Der Leyen hanno raggiunto un accordo tra Usa e Ue sui dazi generalizzati al 15%. Sebbene i due leader hanno celebrato l’intesa come un successo per entrambe le parti, la soluzione potrebbe assestare un duro colpo al made in Italy. Le imprese nostrane vengono colpite proprio in un periodo in cui la spinta verso i mercati esteri stava crescendo.
- I dati sulle esportazioni italiane
- A quali settori sono applicati i dazi al 15%
- Le terre rare, l'energia e la siderurgia
I dati sulle esportazioni italiane
Come riporta Il Corriere della Sera, negli ultimi cinque anni le esportazioni italiane nel mondo sono aumentate del 30%, arrivando a 623 miliardi di euro nel 2024, con il surplus della bilancia commerciale giunto a 55 miliardi, quasi 20 in più rispetto all’anno precedente.
I nuovi dazi Usa all’importazione, per buona parte delle merci italiane, triplicano rispetto alla tariffa base del 4,8%. Ciò potrebbe comportare un aumento del costo finale per i consumatori americani che saranno portati a non acquistare più i prodotti provenienti dal Bel Paese.
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Se invece saranno le imprese a farsi carico di parte dell’aumento del costo finale, la mossa si tradurrebbe in un riduzione dei loro margini di profitto.
Le esportazioni italiane in Usa valgono intorno ai 65 miliardi di euro e i nuovi dazi metterebbero a rischio una decina di miliardi, a meno che le imprese non trovino altri mercati di sbocco.
A quali settori sono applicati i dazi al 15%
Uno dei settori a cui sono applicati i dazi al 15% è quello alimentare. Attualmente sono 8 miliardi i prodotti agricoli e alimentari italiani esportati negli Usa. Su alcuni prodotti, come il Parmigiano e il Grana padano, esisteva già un dazio specifico del 15%.
Il 15% si applica anche all’industria automobilistica e dei componenti auto che però ora sono al 25%. Questo si tradurrebbe in una riduzione dell’imposta e quindi la possibilità di abbassare il prezzo finale. Il punto è che l’industria italiana esporta negli Usa 75 mila autovetture l’anno per 4 miliardi di euro, mentre l’export in Usa della componentistica è di circa 1,2 miliardi.
Con i dazi al 15% anche il settore farmaceutico subisce un contraccolpo. L’Italia esporta negli Usa 10 miliardi di farmaci l’anno. Per i farmaci generici, non coperti da brevetto, potrebbero esserci, invece, zero dazi.
L’aliquota del 15% si applica alla maggior parte dei settori, inclusi i semiconduttori, materiali fondamentali e componenti chiave per alcuni settori strategici come la difesa, le telecomunicazioni e l’energia.
Le terre rare, l’energia e la siderurgia
Per una serie di prodotti strategici tra cui le materie prime critiche come litio e terre rare, l’accordo prevede l’azzeramento reciproco dei dazi. Queste materie rappresentano un tema strategico sempre più centrale nei rapporti tra Unione Europea e Stati Uniti, soprattutto in settori ad alta tecnologia come la difesa, l’aerospazio e la digitalizzazione nei vari comparti.
L’accordo prevede inoltre l’obbligo per gli europei di acquistare 750 miliardi di euro di energia americana. Per acciaio e alluminio i dazi dovrebbero restare al 50%. Negli anni l’export di acciaio dall’Italia agli Usa si è ridotto di due terzi, il danno per l’industria nostrana sarebbe quindi marginale.
