Aereo precipitato in India dopo il decollo, le ipotesi sulla tragedia del Boeing 787: "Bird strike o errore"
Cosa ha causato il disastro aereo in India? Un esperto suggerisce le ipotesi del bird strike e dell'errore umano. Cosa può essere successo
“Potrebbe essersi trattato di un bird strike“, oppure di un decollo effettuato “utilizzando solo metà della pista”. In questo caso “si tratterebbe di errore umano“. Lo afferma a Repubblica Antonio Bordoni, esperto di sicurezza aerea, per commentare il disastro che ha coinvolto un aereo in India.
L’ipotesi del bird strike
Antonio Bordoni, l’esperto di sicurezza aerea interpellato da Repubblica per tentare di dare una spiegazione al disastro aereo avvenuto in India giovedì 12 giugno, propone due ipotesi. La prima suggerisce un caso di bird strike, un fenomeno oltremodo comune e che si verifica quando uno o più volatili entra in contatto con il motore dell’aeromobile.
“L’incidente è avvenuto a una quota bassa e subito dopo il decollo”, fa notare l’esperto che ricorda che il bird strike non si verifica mai – e sarebbe impossibile – quando il velivolo si trova in quota, piuttosto “avviene o in fase di atterraggio o di decollo”.
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In più, Bordoni fa notare che “in caso di avarie si ha il tempo di chiedere aiuto” mentre, in caso di bird strike, “è tutto molto rapido”. A suggerire questa ipotesi, inoltre, è il fatto che non ci sia stato alcun “allarme dato dai piloti alla torre di controllo”.
Quando uno o più volatili impattano con il motore di un velivolo “si perde quota subito”. Se invece l’incidente si fosse verificato in quote più alte “i piloti avrebbero avuto il tempo di fare un atterraggio di emergenza”. Così, come tristemente noto, non è stato.
Il possibile errore umano
Come anticipato, due sono le cause ipotizzabili per spiegare il disastro aereo in India, secondo Bordoni. Oltre al bird strike, l’esperto non esclude la possibilità di un errore umano.
Secondo le ultime notizie, infatti, i piloti del Boeing 787 di Air India potrebbero aver effettuato la manovra di decollo a metà pista, senza proseguire per trovare maggiore slancio. Lo riporta il Corriere della Sera. I primi dati arrivano dai siti di monitoraggio che riportano che il velivolo abbia percorso circa 1900 di asfalto prima di essere liberato per aria. Uno spazio che gli esperti ritengono poco sufficiente per un Boeing di oltre 200 tonnellate.
Dello stesso parere è Antonio Bordoni, che sostiene che i piloti abbiano messo in atto il “richiamo della cloche“, una manovra effettuata “perché un aereo è in ritardo e deve recuperare minuti”. Mettendo in pratica il richiamo della cloche “il comandante […] potrebbe aver quindi cercato di alzare la quota dell’aereo tirando a sè la cloche per impennare il velivolo”.
Il disastro aereo in India
Bordoni, quindi, spiega che se la cloche viene tirata troppo velocemente “c’è pericolo di stallo” ed in questo caso si può parlare di errore umano.
Il disastro ha avuto luogo il 12 giugno in India, poco dopo il decollo dall’aeroporto di Ahmedabad. Il velivolo era diretto a Gatwick, nel Regno Unito. A bordo c’erano 242 passeggeri. Lo schianto, di cui esiste un filmato drammatico, è avvenuto intorno alle 13:32. Le persone a bordo, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, non sono sopravvissute all’impatto.
L’unico sopravvissuto è un uomo di 40 anni, Ramesh Vishwashkumar, che aveva prenotato il posto 11A. Le indagini per ricostruire le dinamiche della tragedia sono in corso.
