A prima vista il mare sembra sempre lui: calmo, immenso, blu come lo ricordiamo. Ma sotto la superficie sta cambiando e in modi che non possiamo ignorare. Uno dei cambiamenti più preoccupanti riguarda la luce. Quella che entra nell’acqua permette la fotosintesi, tiene in vita milioni di organismi e indirettamente anche noi.
Negli ultimi vent’anni l’acqua degli oceani è diventata più scura in molte parti del mondo. Gli scienziati lo hanno confermato analizzando dati satellitari raccolti per due decenni. Il risultato? In troppe aree la luce solare arriva meno in profondità. Questo non è solo un problema del mare. È un problema nostro, perché ha conseguenze dirette sul clima, sull’aria che respiriamo e anche sul cibo che mettiamo nel piatto.
Meno luce in mare: meno ossigeno, meno cibo
C’è una fascia dell’oceano, quella più superficiale, dove la luce arriva e fa il suo lavoro. Si chiama zona fotica. È lì che vive il fitoplancton, insieme ad alghe e piante marine. Questi organismi fanno la fotosintesi, producono ossigeno e sono la base dell’intera catena alimentare marina. Se la luce non arriva più a sufficienza, allora tutta la struttura comincia a vacillare.
I dati dicono che in quasi il 10% degli oceani analizzati la profondità della luce è calata di almeno 50 metri. In alcune zone, anche oltre 100 metri. Questo significa che le condizioni per vivere, per respirare, per riprodursi, stanno decisamente peggiorando. Le specie marine sono costrette a salire verso la superficie, dove però lo spazio è poco e la competizione per le risorse aumenta molto.
C’è poi un altro aspetto meno visibile ma altrettanto importante: il comportamento degli animali cambia. Molti si orientano grazie alla luce solare o lunare. Se la luce scompare o si indebolisce, vanno in confusione, cambiano abitudini, si stressano. E questo squilibrio si riflette su tutta la catena alimentare. Un meccanismo fragile dove basta poco per far saltare l’intero equilibrio.
Perché succede: inquinamento e cambiamento climatico
Non c’è un’unica causa ma sicuramente un insieme di fattori che si sommano. Prima di tutto i fiumi portano a mare una grande quantità di detriti, terra, sostanze organiche. Quando l’acqua si riempie di queste particelle diventa più torbida, meno trasparente. E la luce, molto semplicemente, non passa.
Poi c’è l’inquinamento da fertilizzanti che finisce in mare dopo essere stato usato nei campi. Questo carico eccessivo di nutrienti fa esplodere la crescita delle alghe. Le cosiddette fioriture algali. Quando muoiono consumano ossigeno e rendono l’acqua ancora più scura.
Poi ci sono i cambiamenti legati al clima. Le correnti oceaniche stanno cambiando, portano calore e nutrienti in modo diverso, alterando anche il modo in cui la luce si distribuisce in profondità. Alcune zone ne risentono più di altre.
Non stiamo parlando solo di coralli, plancton e pesci. Parliamo di noi. Oltre metà dell’ossigeno che respiriamo viene dagli oceani. Se la luce diminuisce il fitoplancton produce meno ossigeno. E assorbe meno CO₂. Risultato: l’effetto serra accelera e il clima impazzisce ancora di più.
La pesca è a rischio. Le popolazioni che vivono grazie al mare rischiano di ritrovarsi senza risorse. E tutto questo, anche se sembra invisibile, ha già cominciato a colpirci. Guardare il mare oggi non basta più. Bisogna anche iniziare a chiederci cosa ci sta restituendo, e quanto a lungo potrà farlo se continua a spegnersi un metro alla volta.