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NOTIZIE 20 MAGGIO 2024

Svolta nel caso di Unabomber, l'attentatore del Nord Est

L’utilizzo di nuove tecniche investigative ha permesso agli inquirenti di estrarre il DNA di Unabomber, un passo significativo che potrebbe finalmente contribuire a individuare il colpevole degli attentati avvenuti tra il 1994 e il 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia. L’indagine, riaperta di recente grazie alle segnalazioni di un giornalista e due delle vittime, ha portato a risultati che potrebbero riaprire uno dei casi più intricati della cronaca italiana, ancora avvolto dal mistero.

L’analisi dei reperti

Gli investigatori hanno effettuato un’analisi più completa e approfondita su diversi oggetti legati agli attentati, trovando frammenti genetici che potrebbero far individuare il vero Unabomber:

  • i peli su una bomboletta di stelle filanti inesplosa a San Vito al Tagliamento il 6 marzo 2000;
  • tracce di DNA su un uovo bomba inesploso a Portogruaro il 31 ottobre 2000;
  • tracce di DNA sul nastro isolante di una lattina di pomodori esplosa a Portogruaro il 6 novembre 2000, ferendo Nadia De Ros;
  • tracce di DNA su un tubo bomba esploso a Livenza il 1° novembre 2000;
  • tracce di DNA sul nastro isolante di un tubetto di maionese inesploso a Roveredo in Piano il 17 novembre 2000.

Le indagini sono state svolte anche sui resti di bombe esplose nel monastero delle suore di Concordia Sagittaria l’11 marzo 2002, nell’inginocchiatoio della chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro il 22 settembre 2002 e Tribunale di Pordenone il 24 marzo 2003. Oggetto di ulteriori verifiche sono stati anche due ordigni non deflagrati, sotto la sella di una bici a Portogruaro il 9 luglio 2005 e una lattina di Coca Cola trovata a Zoppola il 28 ottobre 2007 .

Le nuove indagini su Unabomber

Dopo l’estrazione del DNA, gli investigatori stanno procedendo alla comparazione con quello di undici indagati. Anche venti persone non iscritte nel registro degli indagati si sono dette disponibili a collaborare con gli inquirenti.

La riapertura dell’inchiesta è avvenuta anche grazie al lavoro dei periti Giampietro Lago ed Elena Pilli, quest’ultima già consulente nel caso della morte di Yara Gambirasio e specialista nell’estrazione del DNA mitocondriale. I risultati delle perizie saranno depositati in tempo per l’udienza del prossimo ottobre.

Il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, ha minimizzato le novità, dichiarando che non c’è “nulla di nuovo al momento”. Di diverso avviso è Maurizio Paniz, avvocato di Elvo Zornitta, ingegnere di Corva di Azzano Decimo (Pordenone) indagato per anni nella vicenda Unabomber e poi scagionato. Paniz ha espresso forti dubbi sulla conservazione dei reperti e ha criticato il fatto che la difesa non sia stata informata delle nuove scoperte.

La storia di Unabomber

La vicenda di Unabomber è una delle più misteriose e inquietanti della cronaca nera italiana. La serie di attentati, caratterizzati dall’uso di ordigni esplosivi collocati in oggetti di uso quotidiano, ha seminato il terrore nelle regioni del Nord Est per oltre un decennio, tra la fine degli anni ’90 e il 2006. Nonostante le lunghe e complesse indagini, il responsabile non è mai stato identificato.

Il primo attentato attribuito a Unabomber fu l’esplosione di una cabina a Pontevecchio di Portogruaro, in provincia di Venezia, nel dicembre del 1993. Il primo con feriti avvenne il 21 agosto 1994 a Salice, in provincia di Pordenone, durante la Sagra degli osei. Una donna raccolse un tubo di metallo, che esplodendo ferì gravemente lei e i suoi figli.

Negli anni successivi, gli ordigni furono collocati in penne, barattoli di cibo, accendini e giocattoli. Gli attentati erano caratterizzati da una meticolosa preparazione e da una precisione maniacale nella costruzione degli ordigni. Gli esplosivi venivano nascosti in modo da sembrare oggetti innocui ed erano progettati per esplodere al momento dell’uso o del contatto.

Questo modus operandi richiedeva una profonda conoscenza della chimica e delle tecniche di fabbricazione di esplosivi, portando gli inquirenti a ipotizzare che l’autore fosse una persona con un background tecnico-scientifico, forse un docente o un ricercatore.

Il modus operandi di Unabomber

Tra il 1994 e il 2006, l’Unabomber italiano compì circa 30 attentati, ferendo gravemente numerose persone e causando un clima di paura e paranoia. Le forze dell’ordine misero in atto diverse operazioni per cercare di identificare il colpevole, utilizzando avanzate tecniche investigative e coinvolgendo esperti in vari campi, senza successo. Le indagini si concentrarono principalmente nelle province di Venezia, Pordenone, Treviso e Trieste, dove avvennero la maggior parte delle esplosioni.

Durante le indagini furono avanzate diverse ipotesi e identificati vari sospetti, ma nessuna pista portò a un risultato definitivo. Nel 2005 una svolta apparente sembrò avvicinare le forze dell’ordine alla soluzione del caso, quando un insegnante di liceo di nome Elvo Zornitta fu indagato come principale sospettato. Tuttavia le accuse contro di lui caddero nel 2009, quando si scoprì che una prova cruciale contro di lui era stata manipolata.

Nonostante l’ampio dispiegamento di risorse e le numerose piste seguite, quello di Unabomber rimane un caso irrisolto. L’ultimo attentato risale al 2006 e da allora non ci sono stati altri episodi riconducibili allo stesso modus operandi. L’identità del responsabile è ancora avvolta nel mistero. Rimangono aperte molte domande su chi fosse e cosa lo abbia spinto a compiere una serie di atti così efferati e apparentemente privi di un chiaro movente.

Da dove deriva il nome Unabomber

L’Unabomber italiano fu soprannominato così dalla stampa per la somiglianza dei suoi metodi con quelli del famigerato Unabomber americano, Theodore Kaczynski. Entrambi utilizzavano ordigni esplosivi fatti in casa, nascosti in oggetti di uso quotidiano, e sceglievano obiettivi in modo imprevedibile.

Il termine Unabomber è un’abbreviazione utilizzata dall’FBI per University and Airline Bomber, il bombarolo delle università e delle linee aeree. In Italia fu adottato per indicare l’attentatore anonimo viste le somiglianze dei due casi. Il periodo del terrore di quello statunitense durò per circa 18 anni a partire dal 1978 e fino al 1996, quando il responsabile venne arrestato.

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