Tata Motors, da piccola azienda indiana a gigante globale

Da "semplice" produttore di locomotive, Tata Motors ha evoluto progressivamente la sua attività, fino a diventare protagonista del mercato automobilistico

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 31 Ottobre 2024 11:16

Se milioni di persone in India hanno avuto accesso alla mobilità, buona parte del merito deve essere attribuita a Tata Motors. Più che un “semplice” brand, è una testimonianza della crescita economica e industriale locale. Eppure, nemmeno i padri fondatori avrebbero mai immaginato a cosa sarebbe andata incontro. Inizialmente doveva occuparsi delle locomotive, salvo poi ampliare il relativo raggio d’azione e avviarsi a creare un colosso rinomato nel panorama mondiale.

Tramite iniziative pionieristiche e sfide imprevedibili, ha saputo reinventarsi di continuo. Gradino dopo gradino, successo dopo successo (intervallato da alcuni flop), ha espanso i confini, fino a diventare un operatore globale. In questo viaggio, emergono storie affascinanti, curiose e spesso sorprendenti che riflettono sia l’evoluzione aziendale sia il sogno industriale, divenuto realtà.

Le radici del gruppo

Le origini di Tata Motors risalgono alla seconda metà del XIX secolo. In questo periodo, tanto caratterizzato da cambiamenti, un imprenditore visionario, Jamsetji Tata, tentò una scommessa davvero azzardata. Fino ad allora le realtà del Paese asiatico impallidivano in confronto alle maggiori industrie europee. L’uomo stabilì che era l’ora di cambiare marcia, di dimostrare il vasto potenziale organizzativo e strutturale di una potenza indiana. Nacque, perciò, Tata Group, dapprima dedicata a settori strategici, quali il cotone e l’acciaio. In un secondo frangente vennero messi gli occhi sul comparto dei trasporti.

Nel 1945 il conglomerato inaugurò Tata Engineering and Locomotive Co. Ltd (TELCO), specializzato nella produzione di locomotive indirizzate alla rete ferroviaria nazionale. Tuttavia, riconobbe presto il potenziale del settore automobilistico e cominciò a diversificare la relativa offerta. Nei primi anni Cinquanta intraprese una collaborazione con Daimler-Benz per la realizzazione di camion e mezzi commerciali. La sinergia permise di acquisire competenze tecnologiche fondamentali, gettando le basi in vista della realizzazione di mezzi al 100% Made in India.

L’espansione nel settore dei veicoli passeggeri

Un momento di svolta per Tata Motors fu il lancio della sua prima vettura passeggeri, la Indica, nel 1998. L’utilitaria fu la prima progettata e prodotta interamente nel Paese asiatico, una pietra miliare. Vide la luce da una visione di Ratan Tata, all’epoca presidente della compagnia, il quale commissionò un esemplare piccolo, economico ma spazioso, un risposta ai brand esteri.

Promossa con lo slogan “More car per car”, ne veniva sottolineato il rapporto qualità-prezzo sensazionale, declinato in dimensioni contenute, a fronte di un abitacolo spazioso, adeguato alle famiglie. Inoltre, vantava un design accattivante e moderno, un salotto di bordo confortevole e un propulsore diesel efficiente nei consumi. Subito divenne simbolo di orgoglio patriottico, in quanto sapeva tenere testa alle rivali straniere.

Eppure, a dispetto delle grandi aspettative e un avvio promettente in termini di prenotazioni, le prime versioni non ebbero fortuna immediata. I problemi erano perlopiù legati alla qualità costruttiva e alle prestazioni del propulsore, inferiore alle necessità della domanda. Ciò determinò un calo nei mesi seguenti al lancio.

Tuttavia, anziché gettare la spugna, Tata Motors fece tesoro delle critiche e ovviò alle criticità mediante degli aggiustamenti ad hoc. Già nel 2001 occupava le prime posizioni delle classifiche commerciali. La Indica venne pure esportata all’estero, anche nel Vecchio Continente. In particolare, fu venduta sotto il marchio City Rover nel Regno Unito grazie al sodalizio stipulato assieme a Rover.

Una visione per le masse

Tata Motors non ha mai perso il gusto di sorprendere il mondo a suon di innovazioni. Tra gli esempi più spiazzanti, ricordiamo la Nano, lanciata nel 2008. Definita “l’auto più economica del mondo”, andava incontro alle disponibilità di budget del ceto. Il fine dichiarato era quello di assicurare un’alternativa low-cost e affidabile ai tradizionali scooter o motociclette, che facevano la voce grossa.

Il prezzo era basso al di là di ogni immaginazione: circa 2.000 dollari in occasione del lancio, un costo impensabile per un’automobile. Tuttavia, le immatricolazioni furono deludenti. A tarparne le ali fu soprattutto la percezione del pubblico: diversi consumatori la ritenevano troppo “basica” e poco attraente. Una serie di incidenti stradali, legati a difetti di sicurezza, ne minarono la reputazione. Ciononostante, rimane una testimonianza dell’audacia dell’azienda di lasciare un’impronta indelebile nel ramo della mobilità.

La crescita globale

Mentre guadagnava terreno in territorio nazionale, Tata Motors guardava interessata oltre i confini. Nel 2004 era andato in porto l’assorbimento della sudcoreana Daewoo Commercial Vehicle Co., ferrata nei veicoli commerciali pesanti. A quanto pare, i vertici dirigenziali ci presero talmente gusto da avallare una maxi operazione nel 2008: l’acquisizione di due colonne portanti del Regno Unito, Jaguar e Land Rover.

Il 26 marzo 2008 l’americana Ford ne comunicò la cessione a un prezzo ufficiale di 2,3 miliardi di dollari. Mettere le mani sui due giganti d’oltremanica apparve un azzardo, soprattutto perché entrambi venivano era in piena crisi finanziaria. Molti analisti espressero scetticismo circa l’effettiva capacità di risollevarne le sorti, ma sotto la guida del conglomerato ebbero una rinascita. Modelli quali la Range Rover Evoque e la Jaguar XF ebbero un ottimo impatto, e Tata riuscì a far diventare JLR uno dei pilastri della sua strategia internazionale.

Lo slancio vincente dimostrò le competenze della compagnia nel gestire marchi di lusso sulla scena globale: un risultato impressionante, tenute presenti le umili origini nel comparto delle locomotive. Anziché apportare dei radicali stravolgimenti, mantenne l’identità e la tradizione intatte. Una filosofia conservativa indovinata, poiché permise alle controllate di preservare il relativo fascino storico, ma con l’innovazione e il supporto finanziario di Tata.

Il futuro elettrico

Tata Motors ha focalizzato l’attenzione su innovazione e sostenibilità negli ultimi anni, aree cruciali in chiave futura. Allineandosi ai trend globali, ha investito cospicue risorse nello sviluppo di veicoli ibridi ed elettrici. Dapprima svelato sotto forma di concept al Delhi Auto Expo 2014, il SUV Nexon ha invaso le concessionarie tre anni più avanti. Progettato con la filosofia “Impact Design”, dalle linee eleganti e dal tetto inclinato, ha riscosso ampi consensi tra i ragazzi.

Nel 2018, ha ricevuto le 5 stelle nei crash test Global NCAP, un primato in India. Dotato di motori come un 1.2 turbo benzina e un 1.5 diesel, ha segnato un ulteriore passo avanti nel 2020, con la Nexon EV, uno dei primi SUV elettrici compatti fabbricati nel Paese. Tata Motors è anche uno dei principali fornitori di mezzi militari, tra cui il robusto Safari, un fuoristrada spesso impiegato dall’esercito in condizioni estreme.