Donald Trump ha l'insufficienza venosa cronica, che condizione è l'IVC e cosa rischia il presidente Usa
L’angiologo spiega cos'è l'insufficienza venosa cronica diagnosticata a Donald Trump: quali sono i rischi per la salute del presidente Usa
Non è la prima volta che le condizioni di salute di un presidente degli Usa tengono banco. Era accaduto con Joe Biden, ora tocca – di nuovo – a Donald Trump. Questa volta si parla dell’insufficienza venosa cronica (IVC) di cui soffre il tycoon. L’allarme è scattato dopo la circolazione di alcune foto, sui social media, che mostrano le sue caviglie gonfie e alcuni lividi sulle mani. Ma cos’è l’IVC? La spiegazione dell’angiologo Matteo Crasti a Virgilio Notizie.
Come sta Donald Trump
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha letto alla stampa – e quindi al mondo intero – la lettera del medico di Donald Trump sul gonfiore alle caviglie del presidente, parlando di “insufficienza venosa cronica“, definendola però una “condizione benigna“.
Quanto al livido alla mano, secondo lo staff è “compatibile con frequenti strette di mano” che il presidente è uso dare, in qualità di capo di Stato.
ANSA
Le funzioni cardiache, invece, sarebbero del tutto nella norma. Lo stesso Trump si è sottoposto ad alcuni accertamenti dopo aver notato “un lieve gonfiore agli arti inferiori”, ha spiegato Leavitt.
La portavoce ha comunque escluso altre possibili patologie correlate, sia in termini di rischio di trombosi, sia di malattie a carico del sistema cardiaco:
“Il presidente si è sottoposto a un esame completo, che ha incluso studi diagnostici vascolari. Sono state eseguite ecografie Doppler venose bilaterali agli arti inferiori, che hanno evidenziato un’insufficienza venosa cronica, una condizione benigna e comune, soprattutto negli individui oltre i 70 anni”.
Cos’è l’insufficienza venosa cronica
Secondo le ultime rilevazioni, l’insufficienza venosa degli arti inferiori interesserebbe circa 19 milioni di persone in Italia, soprattutto donne (oltre il 30%), anche se sono in lieve aumento i casi che interessano gli uomini.
Tra le cause, ci sono scorretti stili di vita, in particolare:
- fumo
- sedentarietà
- obesità
La Società Italiana dei Medici di Medicina Generale l’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori (IVC) è “l’insieme delle manifestazioni cliniche legate a un’anomalia funzionale del sistema venoso causata da un’incontinenza delle valvole con o senza l’associazione di una ostruzione delle vene, superficiali, profonde o perforanti”.
Secondo il National Institutes of Health, negli USA soffre di IVC una percentuale di adulti che oscilla tra il 10% e il 35%, mentre circa il 4% degli adulti di età pari o superiore a 65 anni sviluppa ulcere venose.
L’intervista a Matteo Crasti
Cos’è l’insufficienza venosa profonda e come si distingue tra cronica e acuta?
“Intanto si tratta generalmente di una patologia cronica che interessa sistema venoso, principalmente gli arti inferiori. Si può distinguere in acuta, subacuta o cronica, ma quella prevalente è la forma cronica, cioè ci si ammala nel corso dei mesi o degli anni. La forma acuta, invece, è evento abbastanza raro, che si può verificare con una trombosi venosa acuta o altri quadri particolari”.
Che differenza c’è tra l’insufficienza profonda e quella superficiale?
“La distinzione dipende dal sistema venoso interessato: nel caso della insufficienza superficiale riguarda, per esempio, le vene safene e i vasi sopra la fascia muscolare. Quella profonda coinvolge invece i vasi che si trovano sotto le fasce muscolati”.
È una patologia correlata all’età?
“Sì, è direttamente connessa all’età. Esistono alcuni quadri clinici a esordio giovanile, ma in genere sono su base ereditaria: si tratta di pazienti che hanno solitamente un parente di primo (ma anche secondo o terzo grado) con questo tipo di problematica familiare. Altrimenti è una patologia che ha il suo esordio tendenzialmente sopra i 60-65 anni. Esistono alcune eccezioni che riguardano soprattutto le donne, che possono soffrirne come conseguenza di una gravidanza”.
Quali sono i sintomi ai quali prestare attenzione?
“I primi segnali sono generalmente la sensazione di pesantezza alle gambe, a volte un intorpidimento cutaneo che si manifesta sotto forma di minor sensibilità o dolori tipo crampi muscolari. In genere i pazienti riferiscono di fastidi generali o gambe che fanno male. Quando compare un edema, invece, si è in una fase già più avanzata. Uno dei segni principali, comunque, rimane la comparsa di vene visibili, con forma di ‘serpentello’, che in soggetti più magri si notano con maggiore facilità rispetto a persone sovrappeso, nelle quali il tessuto adiposo esterno nasconde maggiormente la problematica”.
Come si diagnostica?
“La diagnosi è sia clinica che strumentale. Nel primo caso si registrano i sintomi riferiti dai pazienti, che riguardano soprattutto chi svolge professioni che portano a stare per molte ore in piedi, come parrucchieri, cuochi, chirurghi, ecc. La diagnosi strumentale, invece, prevede in genere un eco Doppler, che è un esame non invasivo”.
Ci si può convivere o ci sono rischi gravi?
“Nella maggior parte dei casi, si può convivere con la patologia, anche se nelle fasi più avanzate si potrebbe andare incontro a flebiti, tromboflebiti o trombosi. Se la varice è superficiale, ci possono essere sanguinamenti per traumi e, negli stadi avanzati, ulcere a livello della cute o alterazioni del colore della pelle, fino a possibili nessi con malattie cardiovascolari”.
Come si cura?
“Ci sono presidi come le calze a compressione, che agiscono sulla sintomatologia, o integratori e farmaci capillari-protettori e vaso-protettori, che servono a rinforzare la membrana dei vasi. Altrimenti c’è la via chirurgica, per esempio con l’asportazione delle vene, o la scleroterapia, che è meno invasiva e consiste nell’iniezione nel vaso sanguigno di sostanze che creano una reazione chimica e lo chiudono, facendo scomparire la varice in quel punto. Ma occorre uno studio flebologico attento per evitare la recidiva: non è garantita la risolutività totale della terapia, che dipende anche da fattori come il sistema vascolare del paziente o la sua aderenza alle terapie”.
