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CURIOSITÀ 07 MARZO 2024

Cosa contiene davvero l'inchiostro dei tatuaggi: lo studio sulle sostanze nascoste

Circa il 13% della popolazione possiede un tatuaggio, cifra che dimostra la crescente popolarità di questa forma di body art. È un fenomeno culturale che abbraccia una vasta gamma di età, culture e classi sociali in costante crescita. Il cambiamento riguarda anche gli stessi tatuatori, che si formano e finalmente vengono visti come veri e propri artisti, offrendo una vasta gamma di stili e tecniche per soddisfare la domanda sempre maggiore.

Il dibattito sulla eventuale pericolosità dei tatuaggi è vivo praticamente da sempre. Uno studio dell’Università Binghamton di New York ha rilevato sostanze nascoste nella maggior parte degli inchiostri per tatuaggi analizzati e venduti negli Stati Uniti. Ora più che mai è lecito chiedersi perché queste sostanze non vengano dichiarate e quanto possano influire sulla salute delle persone.

Sostanze nascoste nell’inchiostro per i tattoo: lo studio sconvolgente

Fino a un passato non così remoto, i tatuaggi erano visti come un segno di ribellione o di appartenenza a un determinato gruppo culturale o ideologico. Negli ultimi decenni, invece, sono diventati sempre più mainstream, rappresentando una forma di espressione più personale, legata ai propri valori.

La ricerca condotta negli Stati Uniti ha portato a una scoperta inquietante sugli inchiostri utilizzati per i tatuaggi e le critiche nei confronti di questa pratica così diffusa tornano a far sentire la loro voce.

L’83% degli inchiostri analizzati, infatti, contiene delle discrepanze rispetto alle sostanze dichiarate in etichetta. Tra i composti nascosti vi sarebbero anche diversi allergeni e addirittura un antibiotico.

Il problema legato alle allergie va sicuramente tenuto in seria considerazione. Inoltre alcune delle sostanze individuate possono rappresentare un potenziale rischio per la salute, come il 2-fenossietanolo, che rappresenterebbe un pericolo per i lattanti.

Lo studio sulle sostanze pericolose contenute nell’inchiostro

La ricerca americana non è l’unica a sollevare interrogativi spinosi: anche lo studio di un’agenzia svedese ha rivelato che vengono spesso superati i limiti stabiliti dall’Ue per sostanze cancerogene e allergeni. Le nuove norme hanno introdotto limiti più stringenti che, a quanto pare, non sarebbero stati rispettati, in quanto gran parte dei prodotti in commercio non avrebbero subito modifiche.

Sono stati monitorati inchiostri prodotti in ogni angolo del mondo e non solo in Europa. Sono 2.350 gli inchiostri inseriti nel registro, ma in circolazione potrebbe esserci un numero ben più alto.

Dopo la ricerca 21 inchiostri sono stati ritirati dal mercato e nel 96% dei casi si è registrata una discrepanza tra etichettatura e sostanze contenute, in violazione con i regolamenti svedesi e dell’Unione.

L’Università di Lund, nel Sud della Svezia, sta conducendo ricerche per determinare la correlazione tra inchiostri e insorgere di tumori della pelle, anche se al momento non è stata dimostrato alcun collegamento apprezzabile.

Dove va a finire l’inchiostro per i tatuaggi? Facciamo chiarezza

Che si amino o meno i tatuaggi, è bene chiedersi cosa accade alla pelle quando decidiamo di farcene uno e come reagisce il nostro corpo. Il tatuaggio consiste nell’inserimento di pigmenti all’interno della pelle, capaci di restare al loro posto nonostante la perdita mediamente di un milione di cellule epidermiche ogni giorno di un essere umano.

Questo accade perché il pigmento viene spinto oltre l’epidermide, nel derma, strato più profondo non coinvolto nel processo di rinnovamento cellulare. I pigmenti viaggiano nel corpo umano sotto forma di nano e micro particelle, fino a raggiungere i linfonodi, dove si depositano.

Inizialmente l’inchiostro è depositato anche nell’epidermide, ma dato che la pelle si rigenera, le cellule epidermiche danneggiate vengono perse e sostituite da cellule nuove prive di pigmento. Le cellule dermiche rimangono in posizione, colme di pigmento, fino alla loro morte.

Nel tempo i tatuaggi subiscono un lento processo di dissolvimento, grazie alla continua azione dei macrofagi, che reagiscono alla presenza dei pigmenti, considerandoli come elementi estranei al nostro corpo.

Tutte le volte che l’ago penetra causa una ferita che attiva il processo infiammatorio: le cellule immunitarie sono richiamate verso la zona danneggiata per iniziare a riparare la pelle.

Se il comportamento delle micro particelle è noto, quello delle nano particelle lo è meno: potrebbero rimanere nelle ghiandole linfatiche in modo permanente. Nuovi studi proveranno a spiegare come gli ingredienti non solo dei tatuaggi, ma anche di alcune creme o cosmetici, si facciano largo all’interno del nostro corpo.

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