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CURIOSITÀ 29 MAGGIO 2024

Il mistero di Hope, il diamante maledetto

A volte, il fascino magnetico delle pietre preziose non si limita solo alla loro brillantezza, alla rarità e all’abilità di chi le ha lavorate.

Il celebre diamante Hope ha una storia ammantata da leggende oscure, iniziata nel lontano 1688. La sua fama di porta sfortuna è sopravvissuta nei secoli.

Dall’India al cuore dell’Europa

Quando fu estratto dalle miniere indiane di Golconda e sgrezzato, questo diamante dall’insolito colore blu come il mare profondo aveva le dimensioni di 112 carati ed il mercante francese Jean-Baptiste Tavernier ne entrò in possesso nel 1688.

Leggenda vuole che all’epoca la pietra fosse incastonata nell’occhio di una statua dedicata alla divinità indiana Rama-Sitra e che lo stesso Tavernier la staccò dall’idolo, provocando l’ira del dio, che lanciò una maledizione su di essa e su tutti coloro che l’avessero posseduta in futuro.

Indipendentemente da come ottenne il diamante, il commerciante andò in bancarotta dopo averlo portato con sé in Francia. Decise allora di provare a risollevare le sue finanze ripartendo per l’India, ma morì durante il viaggio.

Alla corte di Francia

Il successivo proprietario di Hope fu il Re Sole, Luigi XIV, che lo fece tagliare a forma di cuore, riducendone le dimensioni a 67,5 carati: da quel momento, la pietra divenne nota come “Blu di Francia”.

Il sovrano indossò il gioiello in diverse occasioni importanti, senza subire alcuna conseguenza negativa. Alla sua morte, avvenuta all’età di 77 anni, il diamante passò al successore Luigi XV. Anch’egli lo sfoggiò orgogliosamente a corte durante il suo regno, che non subì mai particolari scossoni.

A far ritornare in auge la maledizione di Rama-Sitra fu il destino della proprietaria successiva, la regina Maria Antonietta, che lo aveva fatto montare in una sfavillante collana insieme ad altre pietre.

Come tutti sappiamo, in seguito allo scoppio della Rivoluzione Francese del 1789, la sovrana ed il marito Luigi XVI vennero ghigliottinati e qualcuno pensò quindi di annoverarli tra le “vittime” del Blu di Francia.

Sequestrato dai rivoluzionari insieme ad altri preziosi della famiglia reale, il diamante rimase in un magazzino del Palazzo Garde Meuble fino alla notte dell’11 settembre 1792, quando una banda di ladri lo trafugò facendone perdere le tracce.

Dall’Inghilterra agli USA

Il prezioso ricomparve a Londra 20 anni dopo, ulteriormente ridimensionato fino a 45,5 carati e passò di mano fino ad arrivare ad Henry Philip Hope, il ricco banchiere britannico con il cui nome il diamante è tutt’ora identificato.

Alla sua morte, avvenuta nel 1839, il gioiello venne ereditato dai nipoti, fino ad arrivare allo stravagante Lord Francis Hope nel 1862. Quest’ultimo, noto per voler vivere al di sopra delle sue possibilità, decise di venderlo nel 1901 per evitare di andare in rovina.

Si dice che successivamente il diamante giunse nelle mani di un certo Jacques Colot, che impazzì e si suicidò dopo averlo ceduto al principe russo Kanitowskij.

Il nobile lo regalò ad una ballerina, salvo poi ucciderla, accecato dalla gelosia. Il proprietario seguente, un gioielliere greco, cadde in un burrone e morì prima di ricevere fisicamente la pietra acquistata.

I diversi passaggi successivi portarono il diamante oltreoceano: venne acquistato all’asta nel 1909 da Pierre Cartier, che due anni dopo lo cedette al proprietario del Washington Post, Edward Beale McLean, che ne fece dono alla moglie.

Da quel momento in poi, la famiglia dell’editore fu vittima di una serie di gravi disgrazie che, a causa della credulità popolare e dell’enfasi con cui ne venne data notizia dalla stampa, rafforzarono la fama nefasta del diamante blu.

L’ultimo proprietario della pietra, lo statunitense Harry Winston, la donò nel 1958 allo Smithsonian Institute di Washington, dove è possibile ammirarla ancora oggi.

Video tratto da: Fondomedia

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