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CURIOSITÀ 05 FEBBRAIO 2024

Il vino rosso italiano diventa meno alcolico per fare fronte alla crisi

Il vino rosso diventa meno alcolico per fare fronte a una crisi senza precedenti. Anche le eccellenze del Made in Italy e le etichette più apprezzate del Belpaese devono adeguarsi alle esigenze del mercato, a iniziare dal celebre Amarone. La caduta dei vini rossi nostrani è iniziata da tempo e i consorzi stanno già correndo ai ripari. Ma cosa sta succedendo? E come cambierà il gusto delle bottiglie classiche? Cosa significa che saranno meno alcoliche?

La strategia per far rinascere l’Amarone

Il re dei rossi veneti, promettono i produttori della Valpolicella, manterrà il suo equilibrio e il forte legame con il territorio. D’altronde sono questi i punti di forza che hanno reso l’Amarone famoso in tutto il mondo. Tuttavia andrà contenuta la sua gradazione alcolica.

Nel 2023 questa qualità di vino ha subito una battuta d’arresto nelle esportazioni, con un volume di vendita all’estero in calo del -12%, sebbene in crescita del 17% negli ultimi 10 anni. Chi beve vini preferisce i bianchi, chi beve alcolici preferisce i cocktail e la birra.

Per questo il consorzio della Valpolicella vuole puntare a rendere l’Amarone più fresco, come ha spiegato il presidente Christian Marchesini all’ANSA. I produttori dovranno iniziare ad agire già dalle fasi di coltivazione in vigna, proteggendo i grappoli dal sole e rimodulando le tecniche di produzione per ottenere un gusto più deciso ma meno fermentato.

Il vicepresidente Andrea Lonardi ha sottolineato che serve un deciso “cambio di stile”, passando dal volume al valore, con meno appassimenti. L’Amarone non sarà più un “vino muscoloso” ma uno “di prestigio e più identitario“.

Vini rossi in crisi: esportazioni e vendite in calo

I rossi si vendono meno in Canada (-17%) e negli Stati Uniti (-9%), mentre si notano segnali importanti di cedimento anche nei mercati europei e in Asia. Anche in Italia, riporta l’Osservatorio dell’Unione Italia Vini, le vendite di vini scuri hanno subito un forte calo (-5%).

I consumatori hanno cambiato gusti e anche le annate più apprezzate, come quella di Amarone del 2019, da 5 stelle, rimangono negli scaffali e nelle cantine. Stesso destino per il Nero d’Avola, il Chianti, il Barolo, il Montepulciano e il Primitivo. Complessivamente i neri italiani hanno perso, solo nella grande distribuzione, ben 800mila ettolitri in cinque anni.

Perché vino bianco e spumante piacciono di più

Il 2023 dei rossi si è chiuso con solo 3,2 milioni di ettolitri venduti, mentre a festeggiare sono stati i bianchi e soprattutto gli spumanti, maggiormente impiegati nella mixologia: trovano infatti largo impiego per impreziosire e imprimere un retrogusto deciso ai cocktail, a iniziare dal classico spritz, sempre più bevuto nel mondo e spesso replicato in casa.

Aumenta comunque la vendita delle etichette più pregiate e più costose. Benché esistano ottimi vini italiani sotto i 20 euro, il mercato nordamericano chiede a gran voce bottiglie luxury e comunque sopra i 25 dollari, a patto che siano in linea con i valori del territorio e collegati a filo doppio con l’italianità, che ancora è capace di attirare grandi volumi di affari.

Sono tanti i motivi per cui si beve sempre meno vino rosso e meno vino in generale. Le nuove generazioni preferiscono gusti più freschi e aromatici, e il cambiamento climatico non aiuta: le alte temperature contribuiscono infatti a creare qualità più liquorose e non agevolano la degustazione di bevande troppo alcoliche e percepite come riscaldanti.

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