Garlasco, la genetista Marina Baldi spiega perché il dna di Ignoto 3 potrebbe derivare da una contaminazione
La genetista Marina Baldi spiega perché il Dna di Ignoto 3 potrebbe essere frutto di una contaminazione: la spiegazione sulle quantità
Il nuovo scoglio con il quale devono rapportarsi gli investigatori della nuova inchiesta sul delitto di Garlasco è il contenuto dei campioni estratti dalla garza non sterile usata per l’ispezione del cavo orale di Chiara Poggi durante l’autopsia. Secondo la genetista Marina Baldi è assolutamente possibile “che ci siano altri Dna di chi ha manovrato o manipolato queste garze” sia nella sala in cui si è svolto l’esame sul cadavere “sia nella produzione”. Lo scoglio cui facciamo riferimento è il Dna di Ignoto 3 che già fa discutere, dal momento che c’è chi sostiene che si tratti, appunto, di contaminazione. L’ipotesi, invece, di un Dna dovuto a un contatto diretto dipende dalla quantità di materiale genetico rilevato.
- Il parere di Marina Baldi
- Ignoto 3 è l'assassino?
- Il "profilo univoco"
- La serial killer fantasma di Heilbronn
Il parere di Marina Baldi
Intervenuta nel corso della puntata di Morning News andata in onda su Canale 5 giovedì 17 luglio, la genetista Marina Baldi ha commentato la presenza del Dna di Ignoto 3 nei campioni estratti dalla garza usata dal medico legale Dario Ballardini per l’esame del cavo orale di Chiara Poggi.
Baldi ha riferito, in merito alla possibilità di una contaminazione del Dna isolato, che ciò è possibile in quanto “la garza non è sterile, e questa garza non sterile è assolutamente dirimente“.
ANSA
La garza usata è dirimente perché “essendoci il campione del medico legale (o meglio, del suo assistente Ernesto Gabriele Ferrari, ndr) è assolutamente possibile che ci siano altri Dna di chi ha manovrato o ha manipolato queste garze”, sia durante l’esame autoptico sul corpo di Chiara Poggi, sia “durante la produzione”.
A sostenere la tesi della contaminazione sono l’ex comandante dei Ris Luciano Garofano, oggi consulente della difesa di Andrea Sempio, e l’avvocato di quest’ultimo Massimo Lovati. Più cauto è l’approccio di Antonio De Rensis, l’avvocato di Alberto Stasi, che resta in attesa dei risultati che la scienza offrirà e non si sbilancia in ipotesi.
Ignoto 3 è l’assassino?
Il conduttore di Morning News Carlo Maltese, quindi, chiede a Marina Baldi se invece il Dna di Ignoto 3 potrebbe essere dovuto a un contatto diretto, dunque che possa celare l’identità dell’assassino di Chiara Poggi.
Nello specifico, Maltese vuole sapere quali siano le caratteristiche di un Dna da contatto diretto. La genetista risponde che “non ci sono delle caratteristiche specifiche”, ma precisa che a fare la differenza potrebbe essere “la quantità di Dna presente sulle labbra o nella bocca della vittima”.
Ad esempio, l’azione di un killer che preme una mano sulla bocca della vittima per impedirle di urlare potrebbe produrre una quantità di materiale genetico importante in quanto, appunto, c’è stato un contatto diretto tra l’assassino e la bocca della vittima.
Il “profilo univoco”
In un articolo pubblicato il 16 luglio dal Corriere della Sera viene riportata una dichiarazione dei legali di Alberto Stasi, ovvero del già citato Antonio De Rensis e di Giada Boccellari.
Secondo i legali, il Dna di Ignoto 3 sarebbe presente con “un profilo univoco che indica con certezza una sola persona. Quindi rintracciabile oltre ogni ragionevole dubbio”. Ciò sarebbe dovuto – secondo il Corriere – al fatto che il profilo genetico di Ignoto 3 sarebbe un Dna nucleare, ovvero contenente anche la linea materna.
Maltese chiede delucidazioni a Marina Baldi, che risponde che questo dettaglio è “relativamente importante” e proprio per questo Denise Albani, la genetista incaricata dalla Procura di Pavia, si sta impegnando per individuare eventuali contatti con il corpo durante l’autopsia, oltre ai professionisti già nominati. C’è da capire, infatti, se il Dna di Ignoto 3 corrisponda a una terza persona presente nella sala dell’autopsia o a qualcun altro che era solito frequentare casa Poggi.
Per spiegare meglio il suo punto di vista Marina Baldi fa l’esempio del fantasma di Heilbronn, una inesistente serial killer che terrorizzò l’Europa del nord dal 1993 al 2009.
La serial killer fantasma di Heilbronn
Tra il 1993 e il 2009 sei omicidi terrorizzarono l’Austria, la Francia e la Germania. Tra le vittime c’era anche Michèle Kiesewetter, ufficiale di polizia uccisa nel 2007 mentre era in servizio con un collega, rimasto ferito. Le indagini scientifiche condotte dagli inquirenti individuavano sulle vittime o sulle scene del crimine sempre lo stesso Dna: un profilo femminile.
Nonostante l’imponente impiego di forze investigative, la serial killer senza volto era sempre inavvicinabile e, per questo, stringeva i civili nel terrore. Nel 2009 arrivò la svolta: i rilievi della polizia scientifica sugli effetti personali di un rifugiato politico trovato morto carbonizzato in Francia diedero lo stesso risultato con un Dna femminile. Circostanza impossibile, dato che la vittima era un uomo.
Gli agenti tentarono con un tampone diverso, che infine diede un altro esito: era il profilo genetico della vittima. Le indagini portarono a scoprire che il Dna femminile rinvenuto nelle sei vittime del “fantasma di Heilbronn”, in poche parole, era di una ignara signora che lavorava in una fabbrica che produceva tamponi destinati agli organi di polizia.
La donna, quindi, aveva inavvertitamente contaminato infiniti lotti di tamponi con il suo Dna mentre svolgeva il suo lavoro. Per questo Marina Baldi sostiene che la presenza di un Dna nucleare completo in un campione sia “relativamente rilevante” e invita alla cautela sulle ipotesi sull’identità di Ignoto 3.
