Garlasco, perizie e rilievi fatti sin qui nella nuova indagine su Sempio potrebbero ammontare a 500 mila euro
Il dna di Ignoto 3 trovato su Chiara Poggi sarà confrontato con 30 persone: quanto costa allo Stato la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco
Secondo la Procura, il dna trovato sul tampone orofaringeo effettuato su Chiara Poggi, quello di Ignoto 3, potrebbe appartenere a qualcuno che ha partecipato al delitto di Garlasco. In particolare, a un possibile complice di Andrea Sempio. Non la pensano così i consulenti di parte, secondo i quali si tratterebbe di una contaminazione. Dello stesso parere Carmelo Lavorino, criminologo e criminalista, Direttore del CESCRIN-Centro Studi Investigazione Criminale, fondatore e direttore della rivista Detective & Crime e autore di Garlasco, delitto a tre verità, scritto con Rino Casazza, in uscita nei prossimi giorni: il suo pensiero ai microfoni di Virgilio Notizie, e la sua stima in termini di costi relativi a perizie e analisi nella nuova inchiesta, “almeno 500 mila euro“.
- I dubbi sulla traccia
- Cosa sappiamo su Ignoto 3
- L’attesa per la valutazione della genetista
- L'intervista al criminologo Carmelo Lavorino
I dubbi sulla traccia
“La spiegazione più logica, e non di parte, è che sia una contaminazione che è avvenuta prima del prelievo, maneggiando quella garza”, ha spiegato Luciano Garofano, l’ex Comandante dei Ris, ora nominato come consulente dalla difesa di Sempio.
Secondo il generale, la garza sarebbe stata usata per raccogliere materiale dalla bocca di Chiara Poggi, per poi confrontarlo con altre tracce, soprattutto ematiche, trovate sulla scena del crimine.
IPA
È della stessa opinione anche il consulente della famiglia Poggi, Marzio Capra, mentre secondo gli inquirenti potrebbe appartenere a una nuova persona coinvolta nel delitto.
Cosa sappiamo su Ignoto 3
Per questo si parla di Ignoto 3, ossia né Stasi né Sempio.
Il profilo sarebbe “netto, completo, robusto e con 22 marcatori” su 27.
Ma per conoscerne l’identità andranno effettuati dei confronti, probabilmente con almeno 30 persone, inclusi eventuali soccorritori o altro personale intervenuto nei primi rilievi, per escludere eventuali contaminazioni.
Uno dei profili in esame sarebbe riconducibile a Ernesto Gabriele Ferrari, l’assistente di Dario Ballardini, cioè il medico legale che nel 2007 effettuò l’autopsia. L’altro, invece, al momento sarebbe sconosciuto.
Secondo Garofano, il dna potrebbe essere un mix tra i due.
L’attesa per la valutazione della genetista
Al momento, quindi, si attende l’esito delle controanalisi della genetista nominata dalla Procura, Denise Albani.
Restano, però, dubbi sul perché sia stata utilizzata una garza, per di più forse non sterile, e non un tampone faringeo vero e proprio. In molti si interrogano anche sui costi di questi nuovi rilievi.
L’intervista al criminologo Carmelo Lavorino
Ha seguito il caso Garlasco fin dal 2007: quante possibilità ci sono che quel dna non sia di un complice, ma frutto di contaminazioni?
“Io penso che possa trattarsi soprattutto di contaminazione o inquinamento che può essere avvenuto nella fase dei soccorsi, del trasporto e del posizionamento del corpo della ragazza nelle prime operazioni relative all’autopsia. È molto probabile che sia come successo inizialmente e che il dna appartenga, come pare, almeno in parte all’assistente del professor Ballardini. Se, appunto, si trovava su una garza, c’è una fortissima probabilità di contaminazione”.
Se, invece, fosse su un tampone vero e proprio, cosa cambierebbe?
“Se si trovasse su un tampone orofaringeo potremmo essere di fronte a un soggetto ignoto, che ha partecipato in qualche modo all’aggressione, a prescindere se fosse solo o con altre persone, a prescindere anche dalla situazione da un punto di vista della dinamica criminologica. Ora, comunque, si stanno effettuando finalmente nuove analisi e con grandissima attenzione”.
Perché dice “finalmente”? Questa indagine non è stata condotta con precisione, in passato, secondo lei?
“Io ritengo che sia stata condotta bene dal punto di vista tecnico, ma poi ci si è concentrati troppo sulla figura di Alberto Stasi, lasciando in secondo piano altre possibili piste. Ci si è adoperati forse troppo sulla dimostrazione di colpevolezza di Stasi, sulle sue scarpe, sui pedali della bicicletta, ecc. Facendo così sono state escluse le famose analisi, rivalutate oggi, per esempio sullo yogurt, con accertamenti importanti sulle impronte papillari”.
Capita di frequente che si possano essere contaminazioni involontarie nel corso dei primi rilievi?
“Finora mi sono occupato di oltre 200 omicidi e moltissimi processi, e quasi in ciascuno noto che purtroppo c’è questo tipo di inquinamento e contaminazione, o altri ‘pressapochismi’. Non dimentichiamo cosa è accaduto per il giallo di Arce, ma anche a Cogne o nel caso di Meredith Kercher. Molti di questi errori dipendono dall’intervento iniziale dei soccorritori, che non sono forze dell’ordine specialiste. Ma a volte anche queste ultime commettono errori, che diventano una catena che si propaga fino alla fine. Non è la prima volta, quindi, né sarà l’ultima”.
Confrontare quel dna con quello di altre 30 persone, che nel frattempo magari non sono più reperibili, è difficile? Quanto può essere anche costoso?
“Può ed è molto costoso, si possono spendere decine di migliaia di euro, se non di più. Questo dipende da molte voci di spesa, come l’attività medico legale, del genetista, l’attrezzatura, ecc. Purtroppo si tratta di soldi spesi per errori e carenze precedenti. Lo dico perché noto che qualcuno in questa inchiesta, come in altre, forse pensa più a difendere gli errori nella prima inchiesta che non a cercare realmente la verità”.
In generale la riapertura di un caso ha un costo elevato?
“Purtroppo sì. Consideriamo che i rilievi che sono effettuati ora, di vario genere, possono arrivare a un costo che stimerei in quantomeno 500 mila euro. Denaro pagato dallo Stato italiano, dal contribuente”.
Se serve a fare giustizia naturalmente si tratta di spese giustificate. Ma come capire se ne vale la pena, chi lo valuta?
“La valutazione spetta sempre al procuratore capo che decide cosa fare, tenendo in considerazione anche un budget per questo. Esiste, infatti, un fondo spese che serve per pagare le consulenze, per esempio, o per compiere determinati accertamenti, intercettazioni, ecc. Si spera sempre che tutto questo porti a trovare la verità, ma ricordiamo che il vecchio motto secondo cui La colpa muore sempre orfana e fanciulla. A volte si fa a gare a non trovare una colpa”.
