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CURIOSITÀ 26 SETTEMBRE 2024

Gli alieni ci chiamano ma non li sentiamo: come comunicano

Marta Ruggiero

Marta Ruggiero

Giornalista pubblicista e videomaker

Giornalista, videomaker, copywriter e content creator. Mi occupo di attualità, economia, politica, intrattenimento, costume e società. In passato ho lavorato in ambito televisivo. Osservo e racconto storie: penna e videocamera sono le mie fedeli compagne di viaggio.

Gli alieni ci chiamano ma non li sentiamo. Una nuova ricerca scientifica ipotizza che sulla Terra non ci siano gli strumenti adatti per captare i segnali mandati dagli extraterrestri. La nostra galassia, infatti, dovrebbe essere ricca di onde radio extraterrestri, ma a noi appare estremamente silenziosa.

Negli anni sono state diverse le teorie sulla presenza di altre forme di vita provenienti da altri pianeti, ma una nuova ipotesi sembra essere più convincente delle precedenti.

Come comunicano gli extraterrestri: la nuova teoria

Pensare di essere da soli nell’Universo è un’ipotesi un po’ troppo autoreferenziale. Ecco perché gli scienziati continuano a interrogarsi sul perché non arrivino chiamate dagli alieni. Secondo Latham Boyle, studioso dell’Università di Edimburgo, la spiegazione sarebbe da ricercare nella fisica quantistica.

Gli extraterrestri comunicherebbero attraverso i qubit. Con questo termine ci si riferisce al quantum bit, inventato da Benjamin Schumacher per indicare il bit quantistico, l’unità di informazione quantistica. Si tratterebbe di un linguaggio che noi non siamo ancora in grado di leggere e, per questo motivo, ci sarebbe fin troppo silenzio nello Spazio.

“La possibilità di una comunicazione quantistica interstellare è intrigante perché espande la nozione di comunicazione spaziale in modi fondamentali”, queste sono le parole di Latham Boyle. Tuttavia non siamo ancora stati capaci di sviluppare le apparecchiature necessarie per rilevarla e, successivamente, studiarla

Come funziona la comunicazione quantistica

Gli alieni ci chiamano ma non li sentiamo. Questa è la nuova ipotesi degli esperti. Di norma, per inviare un messaggio, si usano le onde elettromagnetiche. Modificando il numero e la frequenza dei fotoni è possibile comunicare su distanze molto più ampie, trasmettendo suoni, immagini e testo alla velocità della luce.

Secondo la meccanica quantistica, le onde luminose possono esistere su più stati, intrecciandosi. La somma delle loro caratteristiche permette di calcolare, osservare, comunicare e teletrasportare dati. Questa è una capacità che i fotoni da soli non hanno.

Questo succede perché l’invio di un segnale radio si basa su un ricevitore che cattura almeno una piccola frazione delle onde luminose. In teoria, un singolo fotone sarebbe in grado di trasmettere un’informazione significativa, provocando molta ridondanza per le onde luminose che però si perdono nel vuoto lungo il tragitto.

Secondo la fisica quantistica, più fotoni contribuiscono a una singola trasmissione. In base ai calcoli di Boyle, qualsiasi parabola trasmittente e ricevente, per mandare i segnali degli alieni sulla Terra, dovrebbe essere larga più di 100 chilometri per garantire che sufficienti stati quantistici sopravvivano al viaggio e arrivino a destinazione.

Parabole più piccole potrebbero raccogliere lunghezze d’onda più corte, ma per contenere un numero sufficiente di fotoni, dovrebbero trovarsi al di sopra della nostra atmosfera. In alternativa, dovrebbero muoversi in un circuito bidirezionale in cui ci sono sia segnali quantistici che classici.

Ecco allora che il mistero sugli Ufo sarebbe in parte risolto: gli extraterrestri saprebbero che i loro messaggi, ad oggi, si perderebbero nel vuoto e quindi, secondo il nuovo studio, non proverebbero nemmeno a inviarli. Se questa ipotesi verrebbe confermata, metterebbe in discussione tutte le altre teorie sugli alieni.

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