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CURIOSITÀ 27 FEBBRAIO 2024

L'Etna scivola in mare: rischio tsunami a causa del suo tuffo nello Ionio?

Cambiamento climatico e disastri naturali imprevedibili catturano sempre più la nostra attenzione e circolano articoli su un antico fenomeno che potrebbe causare una vera catastrofe in Italia e in tutto il Mar Mediterraneo. Una recente spedizione scientifica ha confermato che l’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, sta scivolando nel Mar Ionio. Non è la prima volta che i ricercatori cercando di capire meglio questo meccanismo di grande rilievo geologico, ma questa volta abbiamo delle risposte. Vediamo quali sono davvero i rischi per noi.

Esplorate le parti sommerse dell’Etna: cosa è emerso

Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, la spedizione Meteor M198, organizzata dal Centro di Ricerca Oceanografica Geomar di Kiel, in Germania, si è conclusa. Grazie a questa particolare crociera scientifica, è stata raccolta una mole significativa di dati e osservazioni. A bordo erano presenti anche gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che hanno unito le loro forze con un team internazionale.

Lo scopo era quello di esplorare le parti sommerse del vulcano, in un’area dove la terra incontra il mare in un abbraccio che cela dinamiche complesse e ancora poco conosciute. E in particolare comprendere se il fianco dell’Etna a Sud Est si muova verso il Mar Ionio come un blocco unico o in porzioni separate e quali siano le origini di questa dinamica.

L’Etna scivola in mare: siamo a rischio tsunami e terremoto?

Da anni l’INGV monitora i movimenti lenti ma progressivi dell’Etna, “movimenti che non coinvolgono solamente la parte emersa del vulcano ma anche quella sommersa”, come ha spiegato Alexander Bonforte, ricercatore dell’INGV che ha preso parte alla spedizione M198.

Questi spostamenti, sebbene generalmente non pericolosi, possono in certe condizioni diventare significativi e causare, oltre ai noti terremoti che periodicamente interessano il fianco orientale, anche frane sottomarine. L’ipotesi è dunque quella che possano creare non solo movimenti sismici importanti, come un mega terremoto o veri e propri tsunami.

Installati nuovi sistemi per prevedere lo tsunami

L’approccio multidisciplinare adottato dalla spedizione ha permesso di raccogliere campioni di rocce e sedimenti e di mappare i fondali marini utilizzando sonar multibeam e droni subacquei, oltre a tecniche geodetiche avanzate che hanno sfruttato una rete di sensori acustici per calcolare i movimenti relativi tra vari punti della rete, rivelando deformazioni attive legate alla faglia di Acitrezza fino a una profondità di ben 1.200 metri.

La missione ha offerto l’opportunità di sperimentare tecniche mai applicate prima ai vulcani, come l’installazione di due piezometri per misurare le variazioni di pressione e temperatura dell’acqua contenuta nei primi cinque metri di sedimenti sul fondale marino vicino alla faglia.

Potrebbero rivelare se i movimenti del fianco del vulcano siano accompagnati o possano essere anticipati da cambiamenti nelle caratteristiche dei fluidi interni o da spostamenti di grandi volumi di acqua. La ricerca potrebbe dunque farci campire meglio se sia necessario implementare dei sistemi di allerta precoce per un possibile maremoto, minimizzando i rischi e proteggendo le popolazioni costiere.

A cosa serve studiare l’Etna sommerso: le future ricerche

L’Etna, con il suo imponente profilo che si erge oltre i 3.000 metri sopra Catania, non smette di affascinare e far interrogare la comunità scientifica internazionale. Ogni spedizione aggiunge un pezzo al vasto mosaico di osservazioni che devono essere condotte sul fondale marino di fronte al vulcano, sollevando nuove domande a cui rispondere con future campagne di ricerca.

“Il paradigma che adottiamo è quello di rimuovere l’acqua, almeno come limite mentale,” ha sottolineato ancora Alexander Bonforte, spiegando come il sistema vulcanico non si limiti a ciò che si vede in superficie e sia necessario vedere il monte nel suo insieme.

“L’Etna è tra i vulcani più studiati al mondo, un laboratorio a cielo aperto che ha permesso un enorme avanzamento nella conoscenza dei fenomeni geologici che lo caratterizzano. Ciò rende ancora più evidente il divario di conoscenza sulla parte del vulcano che continua sotto il livello del mare”, ha dichiarato il ricercatore.

Mentre il gigante continua a scivolare silenziosamente verso il mare, la comunità scientifica rimane vigile, pronta a decifrare i segreti di questa antica sentinella della terra, nel tentativo di prevenire i disastri naturali che potrebbero derivare da un suo tuffo nel Mar Mediterraneo e proteggere le vite umane dai suoi (ancora per poco) imprevedibili cambi di umore.

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