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NOTIZIE 07 MAGGIO 2025

Tsunami nel Mediterraneo: rischio certo entro 30 anni


Marta Ruggiero

Marta Ruggiero

Giornalista pubblicista e videomaker

Giornalista, videomaker, copywriter e content creator. Mi occupo di attualità, economia, politica, intrattenimento, costume e società. In passato ho lavorato in ambito televisivo. Osservo e racconto storie: penna e videocamera sono le mie fedeli compagne di viaggio.

Il riscaldamento globale sta mettendo a rischio la salute del pianeta e l’incolumità di chi lo abita. Lo dicono gli studi che dimostrano come il pianeta sia a rischio tsunami nei prossimi 30 anni, e l’area di interesse è molto vicina a noi: si tratta del Mediterraneo, sottoposto a un innalzamento delle maree preoccupante.

L’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, monitora la situazione da tempo. L’aumento del livello del mare, che si stima sarà di 1,1 metri entro il 2100, mette a rischio le località costiere: le più esposte. Nella fattispecie, a essere particolarmente vulnerabile è la zona che corrisponde alla faglia di Averroè, sotto il mare di Alboran, che si trova a metà strada tra la costa di Malaga, in Spagna, e il Nord Africa. Un eventuale movimento dei due pezzi di superficie terrestre provocherebbe un sisma sottomarino che, a sua volta, sarebbe la causa scatenane di uno tsunami.

Le conseguenze di uno Tsunami nel Mediterraneo

Secondo le stime, un terremoto sottomarino nelle acque di Alboran potrebbe provocare onde alte sei metri, che potrebbero raggiungere la Spagna in appena 21 minuti. La popolazione residente sulla costa avrebbe soltanto 35 minuti per mettersi in salvo nelle zone più interne della regione.

Se invece il sisma si verificasse vicino alle coste dell’Algeria, in Africa, ci sarebbe un’ora e un quarto di tempo per evacuare le zone limitrofe alla costa. A confermare gli effetti potenzialmente devastanti è Anita Grezio, ricercatrice presso l’INGV: “I movimenti verticali del suolo possono aggravare l’innalzamento marino locale, con effetti diretti sulla pericolosità degli tsunami”. È per questo che sono necessarie valutazioni del rischio specifiche e precise.

Come ci si può difendere dagli eventi naturali estremi

Uno tsunami nel Mediterraneo avrebbe conseguenze catastrofiche. Oltre a invertire la rotta con comportamenti virtuosi che blocchino il surriscaldamento globale, si può fare affidamento su alcune strumentazioni. I sistemi di allerta si servono di una rete di sensori e di boe posizionati in mare che hanno il compito di misurare l’innalzamento del livello del mare e di avvisare di un eventuale pericolo imminente.

Anche fare tesoro delle esperienze passate gioca un ruolo determinante in ottica preventiva. Così gli esperti possono individuare le zone più a rischio e migliorare i sistemi di previsione. Secondo i dati, dall’inizio del XX secolo, ci sono stati circa 100 tsunami nel Mediterraneo e nelle aree limitrofe. Corrispondono al 10% del totale dei maremoti mondiali. Questo rende l’area particolarmente pericolosa. A Creta, in Grecia, si sono registrate migliaia di morti con un sisma di magnitudo 8,5 o superiore. Lisbona, capitale del Portogallo, è stata gravemente compromessa nel 1755. Anche l’area vicina all’Etna è a rischio terre e maremoti.

La pericolosità non è quella che conoscono bene le popolazioni giapponese, indiana e cilena, ma comunque rimane particolarmente elevata. È per questo che, nel 2022, l’Unesco ha condotto una missione alle Isole Eolie, in Sicilia, per studiare la situazione geologica e ha un piano di formazione per prepararsi al peggio.

Quali sono i segnali da riconoscere uno tsunami

Per evitare le conseguenze più estreme di uno tsunami nel Mediterraneo bisogna saper riconoscere i segnali sospetti.

  • Se si nota un’onda più alta della media, è probabile che ne seguiranno di più alte.
  • Un rumore sordo al largo della costa, come un treno o un aereo in movimento, potrebbe essere indicativo.
  • Il mare che si ritira improvvisamente, mostrando il fondale marino, o un innalzamento improvviso del livello sono potenziali pericoli.

In un caso del genere, non appena le scosse terminano, è bene andare verso una zona più elevata. I piani dal terzo in su sono da preferire. Meglio prediligere terreni aperti e gli spostamenti a piedi, così da non correre ulteriori rischi e lasciare le strade libere per i mezzi di soccorso.

Tsunami nel Mediterraneo: rischio certo entro 30 anni

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