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CURIOSITÀ 17 DICEMBRE 2021

Foraging, qual è il nuovo trend green che ha origini antichissime

Il nome può sembrare strano, una novità del terzo millennio che arriva adesso in Italia. Invece no: il foraging ha origini molto antiche, risalenti alla preistoria e in voga fino all’industrializzazione, e altro non è che la ricerca di bacche ed erbe selvatiche commestibili. Una vera e propria immersione nella natura per il ritorno al genuino e alla sostenibilità ambientale.

Si tratta di una tecnica di raccolta che si basa sull’alimurgia. È una scienza che studia l’utilizzo di vegetali commestibili, o parti di essi, senza rischi per la salute. La si metteva in pratica soprattutto in tempi di carestia e quando il reperimento dei cibi ‘convenzionali’ era più complesso. La raccolta non aveva solo fini alimentari, ma anche fitoterapici. Unica regola, evitare le sostanze velenose. Che siano funghi, erbe selvatiche e/o aromatiche, alghe, bacche, cortecce, tuberi, bulbi, radici oppure ostriche, l’importante è che siano commestibili.

Perché è tornato in voga

Se nel XIX secolo la popolazione rurale basava la propria dieta sul 70/80% di foraging – con un consumo significativo di castagne al Nord Italia, per esempio – dalla fine dell’Ottocento le abitudini iniziarono a cambiare. A riportare in auge questa pratica è stato lo chef pluristellato René Redzepi.

Al centro il legame fra i sapori e le tradizioni enogastronomiche locali e il rapporto, negli ultimi decenni trascurato, con la natura. Come si intuisce facilmente dal termine, consiste nel foraggiare, una pratica che conoscono molto bene le mucche con l’erba. Ci guadagna sia l’uomo che l’ecosistema.

Il segreto è non improvvisare. Bisogna documentarsi e distinguere tipologie, proprietà, dosi consentite, periodi di raccolta e modalità di cottura. In caso contrario si rischiano effetti collaterali più o meno gravi. Anche scegliere una bacca o un’erba ancora acerba può far male, perché possono cambiare i valori nutrizionali. Fondamentale è optare per vegetali di cui si è sicuri al 100%.

Perché prendere non significhi danneggiare l’ecosistema, esistono delle regole da rispettare. Vietato raccogliere ciò che non serve, calpestare le altre specie non edibili, sradicare le piante. Le cortecce si possono prelevare solo da alberi già caduti.

È consigliabile praticare il foraging in zone lontane dai centri abitati e dall’inquinamento, meglio se in prossimità di campi coltivati, uliveti, vigneti e frutteti. Se si raccolgono le alghe, sono da evitare gli estuari dei fiumi o le zone in cui l’acqua non è pulita.

In cucina, così, ritornato la cicoria e la rucola sane e genuine, l’ortica, il sambuco, il tarassaco, l’iperico, la rodiola e la genziana. Tutti alimenti commestibili, ma che possono avere anche altre proprietà benefiche. L’olmaria per esempio è diuretica, mentre l’arnica un antidolorifico naturale.

Le bacche commestibili e più facili da reperire sono i frutti di bosco come le more, le fragoline, il ribes e il mirtillo neri, le bacche di biancospino, le prugnole, le nespole, le ghiande di quercia, le faggiole e le già citate castagne. Assolutamente da evitare sono le bacche di tamaro, quelle di solanum, la belladonna e la dafne: tutte specie che possono essere scambiate per altro. Ecco perché è importante non improvvisare, ma prepararsi e/o farsi accompagnare da esperti del settore.

Per gli amanti delle alghe, vale la pena ricordare che il Tirreno e l’Adriatico offrono la salicornia (o asparago di mare); il Mediterraneo è ricco anche di spaghetti e lattuga di mare. Una precisazione è d’obbligo: non vanno raccolte quelle che già galleggiano, ma quelle ancora attaccate alle rocce.

Grande attenzione meritano i funghi. Sono buonissimi, ma ne esistono di tante specie (alcune di queste anche molto velenose). Insomma, con la gusta conoscenza e attenzione, si può tornare alle origini dell’alimentazione. Ne ricevono giovamento l’organismo e l’ecosistema.

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