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CURIOSITÀ 23 OTTOBRE 2024

Maiali resuscitati dopo un'ora dalla morte: l'esperimento

Stefania Cicirello

Stefania Cicirello

Editor e videomaker

Content writer, video editor e fotografa, ho conseguito un master in Digital & Social Media Marketing. Negli anni ho sviluppato competenze nella creazione di contenuti digitali, integrando creatività e abilità tecniche in diversi progetti online e adattando i contenuti alle diverse piattaforme.

Nel mondo della scienza, alcuni test spingono i confini della conoscenza oltre ciò che ci sembra possibile. Uno di questi esperimenti riguarda il tentativo riuscito di riportare in vita il cervello di maiali morti da un’ora. Questo esperimento, condotto da un gruppo di ricercatori statunitensi, solleva molte domande sull’idea stessa di morte e sulle potenziali implicazioni per il futuro della medicina.

Lo studio sui maiali e le sue premesse

Se da una parte la scienza ci ha detto che il cervello dei gatti si è rimpicciolito, nuove speranze arrivano ora da quello dei maiali. Il progetto è stato condotto presso la prestigiosa Università di Yale, dove un team di scienziati ha sviluppato un sistema innovativo chiamato BrainEx. Questo sistema utilizza una miscela di sostanze chimiche progettate per preservare le cellule cerebrali e per ripristinare alcune delle funzioni cellulari nei cervelli dei maiali anche dopo che il cuore ha smesso di battere. L’esperimento mira a esplorare i limiti della vitalità cellulare, in particolare nel cervello, uno degli organi più complessi e sensibili alla privazione di ossigeno.

Tradizionalmente, si crede che il cervello inizi a deteriorarsi irreversibilmente pochi minuti dopo la morte, a causa della mancanza di ossigeno e nutrienti. L’obiettivo del team di Yale era di sfidare questa idea e verificare se fosse possibile ripristinare alcune funzioni anche dopo un periodo di tempo relativamente lungo.

Il processo sperimentale

Per l’esperimento, i cervelli dei maiali sono stati prelevati dopo che gli animali erano stati soppressi in modo etico. Nessuna sofferenza inflitta quindi a questi animali, capaci di rivelare le proprie emozioni attraverso i grugniti. I ricercatori hanno quindi utilizzato il sistema BrainEx, una sorta di circuito che pompa fluidi arricchiti di sostanze chimiche nei vasi sanguigni cerebrali. Il processo ha consentito alle cellule cerebrali di riacquisire attività, nonostante il cervello fosse stato privato di ossigeno per un’ora.

L’aspetto più straordinario di questo esperimento è che, sebbene le cellule cerebrali siano tornate a funzionare, non vi è stata alcuna evidenza di attività cerebrale complessa. Il ripristino riguardava principalmente funzioni cellulari basilari, come la capacità delle cellule di assorbire ossigeno e di reagire a stimoli chimici. Questo significa che, pur avendo riportato in vita il cervello su un piano cellulare, non si è trattato di un “risveglio” completo nel senso neurologico.

Le implicazioni etiche e scientifiche

Questo esperimento apre un dibattito etico molto ampio. Il concetto di morte cerebrale è stato uno dei pilastri della medicina moderna e delle decisioni sul fine vita. Con la capacità di prolungare la vitalità delle cellule cerebrali, il confine tra vita e morte diventa meno netto. Cosa significa veramente essere “morti”? Questo è uno degli interrogativi chiave che questo esperimento solleva.

Oltre all’aspetto filosofico ed etico, ci sono anche delle implicazioni pratiche. Se si riuscisse a estendere la capacità di mantenere in vita le cellule cerebrali per periodi più lunghi, potrebbe essere possibile sviluppare nuove tecnologie per trattare condizioni come l’ictus o i danni cerebrali da trauma. Tuttavia, gli scienziati stessi ammettono che siamo ancora lontani dall’applicare queste tecniche all’uomo, e che ci vorranno anni di ricerca per comprendere appieno le conseguenze di tali procedure.

Il futuro della ricerca

Nonostante i progressi, questo esperimento rappresenta solo un primo passo verso la comprensione di come le cellule cerebrali possano essere mantenute attive dopo la morte clinica. Il ripristino dell’attività cellulare senza la presenza di coscienza rappresenta una distinzione cruciale e un limite etico che la scienza dovrà affrontare.

I ricercatori, d’altra parte, sono cauti nel sottolineare che non c’è alcun piano per tentare di “resuscitare” esseri umani o di spingersi oltre questi test preliminari sugli animali. Questo lavoro apre nuove strade nel campo della neurobiologia e della medicina, specialmente nel trattamento delle malattie neurodegenerative o dei danni cerebrali.

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