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CURIOSITÀ 30 DICEMBRE 2024

C’è vita dopo la morte: così recupereremo i ricordi dei nostri cari

Pasquale Barillà

Pasquale Barillà

Editor e videomaker

Da diversi anni faccio parte del mondo della produzione video: ho iniziato creando un prodotto a 360 gradi per poi specializzarmi nel montaggio video da remoto. Le passioni per la musica e l’insegnamento giocano un ruolo chiave nella creazione dei miei contenuti e nella stesura dei miei articoli.

Quando una persona cara ci lascia rimangono oggetti, fotografie e ricordi che conserviamo gelosamente. Ma che fine fanno i ricordi vissuti da quella persona? Le esperienze, i pensieri e le emozioni restano davvero perduti per sempre? Da tempo la scienza si interroga su questa possibilità: recuperare i ricordi di una persona deceduta, riportandoli alla luce grazie alle neuroscienze e alle nuove tecnologie.

L’idea, che sembra appartenere al regno della fantascienza, si basa su una realtà sorprendente. I ricordi non sono entità astratte, ma lasciano tracce fisiche nel nostro cervello, chiamate engrammi. Studi recenti suggeriscono che, almeno in teoria, potremmo ricostruire frammenti di memoria anche dopo la morte di una persona.

Uno scienziato ha scoperto come recuperare i ricordi dei defunti

Secondo Don Arnold, neuroscienziato dell’Università della California del Sud, i ricordi sono immagazzinati nel cervello grazie a connessioni tra gruppi di neuroni. Ogni volta che viviamo un’esperienza, specifici neuroni si attivano e formano delle connessioni chiamate sinapsi, creando una traccia fisica nel cervello, l’engramma. Questi engrammi non sono localizzati in un unico punto, ma sono distribuiti in diverse aree cerebrali: l’ippocampo immagazzina gli eventi principali, mentre la corteccia sensoriale conserva i dettagli visivi, sonori e tattili.

La scoperta degli engrammi ha aperto la strada a nuove possibilità. Gli scienziati hanno dimostrato di poter identificare queste tracce nei cervelli dei topi e, in alcuni casi, persino “riattivarle”, facendo rivivere agli animali ricordi specifici. Ma quando si tratta del cervello umano, la situazione è molto più complessa.

Per recuperare i ricordi di una persona deceduta, sarebbe necessario creare un modello dettagliato del cervello di quella persona, una sorta di mappa delle sue connessioni neurali. Questo potrebbe avvenire grazie all’intelligenza artificiale, che simula il funzionamento delle reti neurali. Ma costruire un modello così preciso richiederebbe anni di scansioni cerebrali effettuate durante la vita della persona, monitorando il modo in cui i suoi ricordi si formano e si richiamano.

Anche con una tecnologia avanzatissima, il recupero dei ricordi non sarebbe mai completo. La memoria umana non è come un video o un file digitale: è frammentaria e ricostruttiva. Quando ricordiamo un evento, non lo riviviamo esattamente com’è avvenuto, ma lo rielaboriamo, aggiungendo dettagli e interpretazioni personali. Questo significa che i ricordi recuperati potrebbero essere distorti o incompleti.

Ricordi eterni: un dono o un rischio?

Se un giorno fosse possibile recuperare i ricordi di una persona deceduta, le implicazioni sarebbero profonde. Da un lato, potremmo preservare frammenti di vita dopo la morte delle persone che amiamo, mantenendo vivo il loro ricordo in modo unico e personale. Dall’altro lato, sorgono domande etiche: chi avrebbe il diritto di accedere a questi ricordi? E quanto sarebbero affidabili, considerando la natura imperfetta della memoria umana?

Un’altra questione importante riguarda l’impatto emotivo dei ricordi delle vite passate. Ricostruire i ricordi di una persona potrebbe essere un sollievo per chi ha perso un caro, ma anche un peso. Vivere ancorati al passato rischia di impedire di andare avanti. Inoltre, il rischio di distorcere o interpretare male quei ricordi potrebbe creare nuove sofferenze.

Non va trascurato nemmeno l’aspetto tecnico. Al momento gli scienziati non hanno ancora una mappa completa del cervello umano e delle sue connessioni. Recuperare i ricordi, soprattutto quelli a lungo termine, sarebbe un’impresa titanica. Ogni ricordo è composto da una rete complessa di dettagli sparsi in diverse aree del cervello, e riportarli alla luce richiederebbe una comprensione del funzionamento cerebrale che, al momento, è lontana dall’essere raggiunta.

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