Da secoli le stagioni rappresentano un modo stabile e intuitivo per orientarsi nel tempo e nella natura. Primavera, estate, autunno e inverno scandiscono da sempre i ritmi della nostra vita, dell’agricoltura e delle tradizioni culturali. Oggi però, secondo uno studio recente, questa visione ciclica e prevedibile è in crisi. L’impatto delle attività umane sul pianeta sta generando nuovi tipi di stagioni, del tutto estranei alla dinamica naturale.
Clima: emergono stagioni inedite e antropiche
Gli scienziati parlano di stagioni antropogeniche, ovvero create direttamente dalle azioni dell’uomo. Tra gli esempi più evidenti ci sono fenomeni ricorrenti come la “stagione della foschia” in Sud-est asiatico, quando il cielo si riempie di fumo per settimane a causa degli incendi volontari per fare spazio all’agricoltura. Oppure la cosiddetta “stagione della plastica”, che colpisce le coste di Bali tra novembre e marzo, quando le correnti marine depositano tonnellate di rifiuti sulla sabbia. Non si tratta di eccezioni, ma di nuove cadenze cicliche imposte dall’impronta umana sul territorio.
Alcune stagioni stanno scomparendo
E se da una parte stanno nascendo nuove “stagioni” , altre stanno scomparendo del tutto. In Inghilterra, ad esempio, sono in netto declino le stagioni riproduttive degli uccelli marini. Nelle Alpi, gli inverni con neve abbondante sono ormai così rari che molte stazioni sciistiche dipendono dalla neve artificiale, utilizzata persino durante le Olimpiadi di Pechino 2022. La perdita di queste stagioni naturali porta con sé conseguenze profonde per gli ecosistemi e per le comunità che dipendono da essi economicamente e culturalmente.
Le stagioni “sfasate”, artificiali e irregolari
Oltre alle stagioni artificiali e a quelle scomparse, emergono anche stagioni imprevedibili. Gli studiosi le chiamano stagioni sincopate o aritmiche, con un termine preso in prestito dalla musica e dalla medicina. In pratica, si tratta di ritmi naturali alterati, come primavere che iniziano troppo presto, estati che durano più del previsto o inverni sempre più miti. Questi sbalzi scompensano i cicli vitali di piante e animali, mettendo in crisi interi ecosistemi e settori agricoli.
Un esempio emblematico arriva dal Nord della Thailandia, dove le comunità lungo il fiume Mekong hanno sempre fatto affidamento sui ritmi stagionali dell’acqua per pescare e coltivare. Prima le dighe hanno interrotto il flusso naturale, poi il cambiamento climatico ha modificato le piogge: stagioni secche più lunghe, monsoni più brevi ma violenti. Il risultato è un sistema fuori controllo, dove acqua, cibo e sicurezza alimentare sono messi a rischio.
Adattarsi o agire? La sfida delle stagioni inventate
In alcune aree, come l’Indonesia, le comunità si stanno adattando a queste nuove stagioni. Durante la stagione della foschia, ad esempio, si usano purificatori d’aria domestici o si chiudono le scuole per proteggere la salute pubblica. Ma gli autori dello studio mettono in guardia: l’adattamento da solo non basta. Rischia anzi di normalizzare questi eventi e di distogliere l’attenzione dalle loro cause: deforestazione e alberi che non assorbono più Co2, uso scorretto del suolo, emissioni incontrollate.
Stagioni nuove e stagioni vecchie: come affrontare il futuro?
Lo studio “Seasons and the Anthropocene” di Thomas E. L. Smith (LSE) e Felicia H. M. Liu (Università di York), invita a ripensare il nostro rapporto con il tempo. Oggi siamo abituati a misurarlo con orologi, app e calendari standardizzati. Ma in passato molte comunità seguivano il ritmo della natura: le fasi lunari, le maree, il ritorno delle piogge. Recuperare queste visioni del tempo (incluse quelle delle popolazioni indigene) può aiutarci a trovare soluzioni più eque e sostenibili per affrontare la crisi climatica. Le stagioni sono uno schema meteorologico e, a quanto pare, l’uomo è in grado di crearne di nuove, basate sull’inquinamento, i rifiuti e gli effetti del clima che cambia. Capire queste nuove “stagioni umane” è il primo passo per riconnetterci con la natura e costruire un futuro in cui il tempo torni a scandire la vita.