Il cloud seeding, noto anche come inseminazione delle nuvole, è una forma di modificazione del tempo atmosferico che utilizza sostanze chimiche per far piovere oppure per ridurre la grandine e la nebbia. Dagli anni ’40 sono stati fatti numerosi esperimenti e in campo scientifico si dibatte ancora molto dell’effettiva efficacia delle varie tecniche impiegate per raggiungere questi risultati. Vediamo di cosa si tratta nello specifico.
Cosa si intende per cloud seeding
I ricercatori studiano da sempre metodi per fare fronte al riscaldamento globale e al cambiamento climatico, o a livello locale mitigare gli effetti della siccità e accumulare riserve idriche.
Il processo di cloud seeding si basa sul principio della nucleazione delle particelle, che è fondamentale per la formazione delle gocce di pioggia. Le nuvole contengono goccioline d’acqua liquide ma a temperature al di sotto dello zero, il punto di congelamento. Per trasformarsi in pioggia, neve o grandine, hanno bisogno di un nucleo attorno al quale possano congelarsi o coagulare.
Quali sostanze vengono usate per il cloud seeding
È detto anche arricchimento chimico delle nuvole perché attraverso l’uso di aerei specializzati, razzi o dispositivi di dispersione che si trovano a terra, vengono lanciate in aria sostanze diverse in base all’esigenza:
- ioduro d’argento per stimolare la formazione di ghiaccio;
- cloruro di sodio, cioè sale comune, per favorire la coalescenza delle goccioline d’acqua e far piovere;
- idracina, più raramente, per modificare la struttura chimica delle goccioline d’acqua.
A cosa serve l’inseminazione delle nuvole
Sono numerosi gli usi del cloud seeding. A beneficiarne è soprattutto l’agricoltura, soprattutto in regioni affette da siccità cronica o stagionale o nelle aree desertiche, al fine di avere maggiore disponibilità di acqua per le irrigazioni.
Anche dove i bacini idrici per uso umano hanno livelli insufficienti si può ricorrere all’inseminazione delle nuvole per aumentare le riserve, soprattutto nei mesi estivi e in anni particolarmente caldi.
Il cloud seeding è impiegato anche per cercare di diminuire la formazione di grandine o per dissipare la nebbia intorno agli aeroporti e agevolare il traffico di velivoli in condizioni di scarsa visibilità.
Il cloud seeding funziona davvero? I dubbi
L’efficacia di bombardare le nuvole per far piovere è materia di dibattito tra gli scienziati. Molte ricerche suggeriscono miglioramenti significativi nelle precipitazioni, altri studi hanno evidenziato dati meno convincenti.
Il clima e il tempo meteorologico sono molto difficili da controllare, ed è altrettanto difficile valutare gli effetti di una singola azione umana sui loro mutamenti.
Ci sono poi preoccupazioni che riguardano le possibili conseguenze su larga scala a livello ambientale. La modifica dei pattern meteorologici in una singola area può infatti ripercuotersi a catena altrove, considerando che la Terra è un sistema di equilibri perfetti, che l’azione dell’uomo ha ormai irrimediabilmente rotto.
Il cloud seeding è legale in Italia?
Alcuni Paesi hanno adottato normative stringenti e protocolli di monitoraggio ambientale, altri hanno un approccio più lassista. In Italia l’inseminazione delle nuvole è legale e regolamentata, anche se non è largamente utilizzata.
Le normative di riferimento sono la legge del 1992 che istituisce la Protezione Civile e dai regolamenti regionali che coordinano le attività di previsione, prevenzione e gestione delle emergenze, inclusi gli interventi di modificazione artificiale dell’ambiente e del clima.
Per effettuare operazione di cloud seeding bisogna ricevere l’autorizzazione da parte delle autorità competenti, come la stessa Protezione Civile e l’Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile. Bisogna infatti certificare che le pratiche non interferiscano con il traffico aereo.