La parola “dominanza” ha un peso importante, soprattutto nel mondo digitale. Il recente intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) contro Meta riaccende l’attenzione su un tema cruciale: l’uso dell’AI (Artificial Intelligence, o Intelligenza Artificiale in italiano) da parte dei colossi tech, in particolare sulle piattaforme come Whatsapp e Facebook.
È un nodo cruciale che potrebbe addirittura divenire determinante per il futuro di due social così noti e utilizzati a livello mondiale. Dovremo aspettarci un domani senza queste piattaforme? È presto per dirlo, ma il rischio c’è.
Perché l’intelligenza artificiale rischia di sparire da Whatsapp e Facebook
L’Antitrust italiana ha avviato un’istruttoria contro Meta Platforms Inc. per possibile abuso di posizione dominante nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Il focus è sull’integrazione degli strumenti AI di Meta, in particolare Meta AI, il nuovo assistente conversazionale utilizzato da applicazioni di massa quali WhatsApp, Facebook e Instagram.
Secondo l’AGCM, Meta avrebbe impedito l’accesso ai propri dati a terze parti che sviluppano sistemi di intelligenza artificiale concorrenti, violando i principi di concorrenza e limitando lo sviluppo di un mercato aperto. Il nocciolo della questione, dunque, non è solo tecnologico, ma anche fortemente economico: chi controlla i dati controlla anche il futuro dell’AI.
La decisione di limitare l’uso dei propri dati ad altri operatori potrebbe costituire un ostacolo all’innovazione, provocando anche un passo indietro in termini di funzionalità disponibili per gli utenti. E qui entra in gioco una possibilità concreta, che consiste nella rimozione temporanea o permanente delle nuove funzioni basate su AI da WhatsApp e Facebook in Europa, per evitare sanzioni o ulteriori indagini.
Ecco, dunque, che l’adozione di assistenti AI nelle chat personali, come suggerimenti automatici, risposte generate o gestione di contenuti, potrebbe essere sospesa o limitata, in particolare proprio nel territorio dell’Unione Europea, dove le normative sul Digital Markets Act e sull’AI Act sono entrate nella fase operativa.
Il peso dell’Europa nel ritorno al passato
L’Europa si conferma ancora una volta uno dei teatri più regolamentati per il mondo tech. A differenza degli Stati Uniti, dove la strada imboccata pare andare in una direzione diametralmente opposta, con le aziende Big Tech che hanno finito per espandere rapidamente le applicazioni dell’AI, nel vecchio continente si procede con maggiore cautela, soprattutto in termini di privacy, monopolio e impatto sociale.
Meta, per evitare multe salate o un vero e proprio stop delle attività, potrebbe decidere di rimuovere o disattivare alcune delle nuove funzionalità AI in Italia e in Europa. Una strategia simile era già stata adottata in passato da OpenAI, quando ChatGPT aveva temporaneamente limitato alcuni servizi a causa di indagini del Garante della Privacy.
Il rischio parrebbe concreto, con Facebook e WhatsApp che potrebbero tornare a essere piattaforme meno “intelligenti”, senza suggerimenti basati sull’intelligenza artificiale, senza automazioni nei messaggi e nelle traduzioni in tempo reale. Un ritorno al passato che potrebbe spiazzare gli utenti, ma che si renderebbe necessario per rispettare le regole antitrust.
In questo scenario, la “dominanza” non si misura solo in quote di mercato, ma nella capacità di definire quali tecnologie siano accessibili a chi e in quali condizioni. E questo solleva interrogativi più ampi: quanto può un’azienda privata controllare l’evoluzione tecnologica globale? A quale prezzo e a discapito di chi? Ai posteri -sempre più tecnologici- l’ardua sentenza.