La talassofobia è, come dice la parola stessa, la fobia degli specchi d’acqua. Questo termine deriva infatti dai termini greci thalassa, che significa mare, e phobos, che significa paura. Chi ne soffre teme, il più delle volte, anche laghi e fiumi.
Cos’è la talassofobia e come capire se si è talassofobici
Il termine ombrello talassofobia comprende una serie di paure irrazionali. Chi ha questa particolare fobia può temere uno o più aspetti degli ambienti acquatici.
- La vastità degli abissi.
- Il vuoto sotto la superficie.
- La forze delle onde o della corrente.
- La fauna e le misteriose creature che potrebbero nascondersi negli oceani.
- La distanza dalla terraferma.
- La possibilità di avere un malore durante una nuotata.
Un talassofobico potrebbe provare sensazioni di diversa intensità – da un lieve disagio fino ad attacchi di panico e intensi stati d’ansia – nuotando, immergendosi o addirittura solo avvicinandosi alla riva o sporgendosi da un’imbarcazione e guardando l’acqua alta.
Perché il mare provoca l’ansia: le teorie sull’evoluzione
Le fobie trovano giustificazione nel vissuto della singola persona e nella sua psiche. Possono avere però delle origini comuni a tutti, da un punto di vista genetico o sociale.
Nel caso della talassofobia, gli scienziati ipotizzano che la paura di grandi specchi d’acqua derivi dall’istinto di preservazione umano, e possa essere una risposta istintiva sviluppata quando i primi uomini scoprirono la pesca.
L’Homo sapiens, pur avendo colonizzato la totalità degli habitat terrestri, non si è mai inoltrato in quelli acquatici, dove ha trovato predatori più forti e un ambiente ostile alla sua stessa fisiologia.
L’archetipo del mostro marino e i film sugli squali
Il mostro marino, come il calamaro gigante o il pesce carnivoro, fa parte degli archetipi della narrazione dall’alba dei tempi, e le radici di questa memoria collettiva da brivido andrebbero proprio ricercate nelle prime esperienze dell’uomo con l’acqua.
Le storie tramandate per via orale, e poi la letteratura e il cinema, giocando su queste paure primordiali, hanno poi contribuito a diffondere miti e leggende sugli abissi popolati da mostri.
Come ad esempio gli squali bianchi, terribili predatori assetati di sangue nei libri e sul grande schermo, animali a rischio estinzione nella vita reale.
Film come “Lo Squalo” di Steven Spielberg, “Paradise Beach – Dentro l’incubo” con Blake Lively e la recente saga “The Shark” con Jason Statham non hanno certo contribuito alla buona fama dei pescecani. E potrebbero aver traumatizzato gli spettatori più giovani.
L’abisso come simbolo dell’infinito e dell’ignoto
Alcune scuole di psicanalisi danno invece un significato simbolico alla talassofobia, inquadrandola la paura di ciò che non è possibile conoscere o controllare, vista la vastità degli oceani. Il mare, insomma, fa paura per la sua natura misteriosa e per la nostra incapacità di capirne la grandezza.
Anche in questo caso, comunque, ci sarebbe una ragione evolutiva. Procacciare cibo e difendersi dai predatori significa avere pieno controllo del proprio ambiente, e trovarsi in una situazione in cui i propri sensi possono funzionare perfettamente. Questo, per logiche ragioni, non avviene in acqua.
La paura dell’acqua alta sarebbe dunque un retaggio di antica memoria che alcuni hanno conservato, o riscoperto a causa di traumi e film. Come ogni fobia non ha motivazioni razionali immediate, e può essere superata o tenuta sotto controllo con l’aiuto di uno specialista.