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CURIOSITÀ 18 LUGLIO 2024

Terremoti a Pompei prima dell’eruzione del Vesuvio: la scoperta

Non è stata soltanto l’eruzione del Vesuvio a causare, nel 79 d.C., la morte di 16mila persone: alcuni terremoti hanno complicato una situazione già catastrofica, che ha cambiato la morfologia del vulcano e ha provocato la distruzione non solo di Pompei, ma anche di Stabia, Ercolano e Oplontis.

A rivelarlo è stato un recente studio dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con il Parco Archeologico locale. Una ricerca che ha portato alla luce dettagli determinanti anche sullo stato d’animo dei pompeiani.

Terremoti disastrosi a Pompei: l’inquietante scoperta

L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. non è stata la sola responsabile della distruzione di Pompei, un recente studio ha dimostrato la concomitanza di terremoti. Non è stata quindi solo la lava a distruggere la zona, ma anche le scosse sismiche legate all’attività del vulcano.

A determinare questa scoperta è stata l’analisi delle tracce rimaste sugli edifici, segni indelebili di un avvenimento che risale ormai a quasi duemila anni fa. A rivelare informazioni importanti sono stati anche due scheletri rinvenuti durante i lavori di messa in sicurezza delle scarpate nell’Insula dei Casti Amanti, all’interno del Parco Archeologico di Pompei.

Gli esperti hanno trovato, infatti, traumi da schiacciamento sui corpi, nonché dei sedimenti ricollegabili al Vesuvio e alle varie fasi dell’eruzione. Nonostante questi abbiano mascherato il loro stato, gli scienziati hanno trovato danni strutturali agli edifici che si sono rivelati mortali tanto quanto la lava e che sono riconducibili certamente a scosse di terremoto.

I dati vulcanologici e stratigrafici sono stati determinanti per ricostruire con precisione quando si sarebbero verificati gli sciami sismici e le varie fasi di un processo che è costato la vita a migliaia di persone.

  • Prima fase: si è formata una colonna eruttiva alta 25 chilometri con una pioggia di pomici.
  • Seconda fase: il Vesuvio ha iniziato a sprofondare formando una caldera.

I cedimenti strutturali dovuti ai terremoti si sono verificati all’inizio della prima fase e anche a distanza di chilometri dal vulcano. Questi avvenimenti sono stati confermati pure dalle lettere di Plinio il Giovane, che ha assistito al disastro.

Cosa accadde dopo l’eruzione del Vesuvio

Lo studio, grazie alla distinzione fra gli effetti del vulcano e quelli dei terremoti, ha permesso di saperne di più sull’eruzione del Vesuvio che ha distrutto Pompei. Determinanti sono stati gli scavi nella Casa dei Pittori al Lavoro: i danni rinvenuti non sono compatibili con il solo lavoro corrosivo della lava. Gli scheletri di due uomini di circa 50 anni hanno riportato fratture e lesioni da trauma molto importanti.

Secondo i dati, dopo aver sopportato 18 ore di caduta di pomice e cenere, alcuni abitanti del luogo avevano cercato protezione negli edifici, convinti di essere al sicuro dopo la fine dell’eruzione. Tuttavia si sono verificate delle scosse sismiche tali da provocare il crollo degli edifici e la morte delle due persone i cui resti sono stati ritrovati di recente.

A ucciderli non è stata la lava dell’eruzione del Vesuvio, ma il cedimento strutturale dei muri. Un uomo sarebbe morto sul colpo, l’altro avrebbe cercato di proteggersi con un oggetto di legno. Queste nuove scoperte dicono tanto sulle drammatiche, ultime ore di Pompei. Secondo Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, sono questi ritrovamenti ad avvicinarci al terrore e al dramma vissuto dagli abitanti del luogo.

La minaccia attuale ancor più concreta

Ovviamente una scoperta del genere, riporta l’attenzione sulla situazione nell’area dei Campi Flegrei, una delle aree vulcaniche più pericolose al mondo, che è stata negli ultimi mesi al centro delle cronache per il rischio sismico connesso al fenomeno bradisismico.

Il monitoraggio dei Campi Flegrei è una complessa operazione condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), la massima autorità scientifica italiana in materia di vulcani. Quest’ultimo ha messo in campo un sistema di reti strumentali in grado di ricavare numerose informazioni di tipo fisico, chimico e geologico sui vulcani che compongono la caldera flegrea, tutto per evitare che si arrivi impreparati ad un’eventuale situazione sismica come quella che, insieme all’eruzione, portò al disastro di Pompei.

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