Il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, dopo 40 anni, sembra ancora avvolto nel mistero. Tantissime le piste seguite, le testimonianze vere o presunte che hanno portato prima in una direzione e poi in un’altra, gli indizi e le lacune che hanno reso difficile riuscire a capire cosa sia realmente accaduto il 22 giugno del 1983. Tra le persone chiave della vicenda, ci sono le compagne della scuola di musica dell’allora 15enne, le ultime ad averla vista. Nel 2025, tra gli indagati nell’inchiesta, è entrata Laura Casagrande, accusata di aver reso false informazioni all’autorità giudiziaria. Oggi 53enne, la donna era una delle allieve della scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi, presente nell’istituto il giorno della scomparsa della ragazza.
Chi è Laura Casagrande
Laura Casagrande, all’epoca dei fatti, aveva 15 anni come Emanuela Orlandi. È stata una delle ultime persone a vedere la ragazza, poiché entrambe erano nella scuola di musica il 22 giugno del 1983 e, all’uscita, avrebbero fatto un pezzo di strada insieme.
Nelle prime testimonianze, Casagrande aveva affermato di non conoscere molto Emanuela perché studiavano due strumenti diversi: la 15enne scomparsa frequentava le lezioni di flauto, l’attuale indagata quelle di pianoforte.
Le due avrebbero frequentato insieme solo le classi di canto corale. Sentita più volte dagli investigatori, Laura Casagrande si è più volte contraddetta, rilasciando più versioni di quando accaduto il giorno della scomparsa della coetanea. Proprio a causa di queste contraddizioni, dal 2025 è indagata dalla Procura con l’accusa di false informazioni all’autorità giudiziaria.
La prima versione di Laura Casagrande
Emanuela Orlandi scompare nel tardo pomeriggio del 22 giugno del 1983. Laura Casagrande viene sentita dalla Squadra mobile poche ore dopo e racconta di aver visto la coetanea alla fermata del bus 70.
L’indagata dice anche che, dopo aver perso di vista Emanuela, è salita in autobus insieme con un’amica, Maria Teresa Papasidero, alunna della scuola di musica per andare “all’Altra Profumeria in via Gregorio VII”.
L’8 luglio Casagrande viene sentita nuovamente dopo aver ricevuto la telefonata a casa dell’Americano, che secondo una perizia fonica sarebbe Marco Accetti. L’uomo detta alla ragazza il comunicato dove rende note le condizioni per liberare Orlandi.
“L’interlocutore si spazientiva se io non scrivevo velocemente quanto da lui dettato, tanto che più volte mi ha detto spicciati. Gli ho chiesto come avesse il mio numero di telefono, e mi ha risposto ‘ce lo ha dato Emanuela, dicendoci che sei una sua amica di scuola’. Gli ho precisato che frequentavamo solo la stessa scuola di musica. E lui subito ha replicato ‘sì, lo so che tornavate a casa insieme’”, è quanto riferito da Casagrande in quell’occasione in questura.
La seconda versione di Casagrande
Il 4 agosto 1983, dopo 43 giorni, Laura Casagrande consegna ai carabinieri un altro ricordo del giorno della scomparsa.
“Mentre ho percorso Corso Rinascimento, ho controllato chi mi stava alle spalle e ho appurato che Emanuela era a circa 20 metri dietro di me, poi veniva il resto del gruppo. Giunti alla fine di Corso Rinascimento, Emanuela non c’era più. Allora ho chiesto a un mio amico dove stava Emanuela, lui mi rispondeva di non saperne niente”, dice agli investigatori.
La terza versione
Nel 2024 Laura Casagrande viene sentita in Commissione parlamentare, ma in questo caso afferma di non ricordare di aver visto Emanuela Orlandi il 22 giugno del 1983 e di non ricordare nulla.
Riguardo all’essere andata in profumeria con l’amica quel giorno, nel 2025 è stata ascoltata in Commissione parlamentare anche Maria Teresa Papasidero che però afferma: “che siamo andate in profumeria lo escludo, e comunque non me lo ricordo”. Una smentita rispetto a quanto aveva riferito più di quarant’anni prima Casagrande che potrebbe essere legata al tempo passato che ha sfumato i ricordi di quella giornata.
Nel 2024 emerge una contraddizione anche sulla telefonata dell’Americano. Nel 1983 disse che “l’interlocutore parlava un italiano corretto”. Nel giugno del 2024, quando il presidente della commissione le domanda se l’interlocutore fosse uno straniero, lei risponde: “Sì. Poteva essere arabo, turco, afghano”. La madre, all’epoca, affermò che l’uomo parlava italiano “con timbro mediorientale”.